5 dicembre 2011

San Giobbe e il Pinot Nero

Angelo Peretti
C'è stato un tempo che in campagna si tirava avanti allevando i bachi da seta, e così ai margini delle corti rurali o delle vigne si piantavano i gelsi, che facevano le foglie di cui son ghiotti i bruchi. Era così importante quell'integrazione di reddito proveniente dai bachi che occorreva votarsi a qualche santo perché la bachicoltura ne avesse protezione, e in Brianza si scelse san Giobbe, e non so per quale motivo, e probabilmente nemmeno m'interessa tanto saperlo. Sta di fatto che 'sta storia del protettore dei bachicoltori l'ho letta andando a vedere il sito d'una piccola azienda brianzola che si chiama La Costa e che sta a Perego, provincia di Lecco, e che da qualche tempo ha rivitalizzato quella tradizione enoica che in zona era andata perduta.
Ne parlo non perché ci sia andato in visita, ma perché invece m'è capitato di berne un vino agli Stati Generali del Pinot Nero che si son tenuti qualche settimana fa in Oltrepò Pavese, e quel vino m'ha decisamente incuriosito. Già, un Pinot Nero brianzolo del 2008 che si chiama San Giobbe, quel Giobbe dei bachi da seta di cui ho letto sul sito aziendale.
Ora, cosa gliel'abbia fatto fare a 'sta gente di cimentarsi proprio con una brutta bestia come il pinot nero credo che sia destinato a restare tra i misteri immensamente vaghi del mondo dei vigneron. Però il risultato è buono.
Leggo ancora sul sito dell'azienda che mediamente d'uve di pinot nero lì se ne fanno otto etti per pianta e che si vinificano poi in parte in acciaio e in parte in tini di rovere da vent'ettoliti e poi l'affinamento avviene nella tina di rovere da quindici e da vent'ettolitri e poi ancora per sei mesi in vasca di cemento.
Ha colore, questo 2008, tra il rosso scarico e l'aranciato, ed è colore tipicamente pinonerista, dunque. E anche il naso è tipico, con quel fruttino e quella venatura speziata, cui si somma un curioso, invitante accenno agrumato. In bocca ecco che subito è rustico, perfino quasi scorbutico, e vorrei dire, con una parola contadina, "aspro", ed è un'asprezza che ricorda quella dell'arancia bionda, e dunque ecco tornato l'agrume che avevo già colto all'olfatto. Ma poi invece t'avvince la beva, che è notevole. E il frutto maturo. E quel ricordo di tamarindo e di rabarbaro. Vino curioso, anomalo, che probabilmente sa invecchiare bene qualche annetto, e infatti è per ora ancora giovanissimo. Concludo dicendo che è stata la sorpresa inattesa della giornata trascorsa in Oltrepò e che è un Pinot Nero mica da degustazione, ma da bere in compagnia, ed è un complimento.
Pinot Nero San Giobbe 2008 La Costa
Due lieti faccini :-) :-)

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