30 novembre 2010

Montepulciano d’Abruzzo Le Vigne 2002 Faraone

Mario Plazio
Un’interpretazione tradizionale ed austera di questo magnifico vitigno del Cento Italia. Quindi botti grandi, concentrazioni tutt’altro che estreme, acidità in rilievo.
Peccato che il produttore abbia manifestato l’intenzione di chiudere con questa tipologia di vino per passare a una versione più “moderna”, con ricorso a barriques e similia.
La mia ultima bottiglia di 2002 è di una sottile eleganza, sottolineata da una materia mai invadente e da un’acidità che la destina idealmente ad un abbinamento con la cucina sapida e ricca della zona di produzione.
Sostenuto da una evidente acidità volatile, il naso alterna elementi viscerali come tartufo, china e minerale, a frutta (fragoline) e note più verdi di cicoria ed erbe.
Il tannino abbondante non è perfettamente combinato con l’acidità, ma resta un gran vino da bere e soprattutto da mettere a fianco di una piatto denso di sapori.
Due faccini :-) :-)

29 novembre 2010

Il decalogo di Parker: sarà davvero il tempo della capsula a vite?

Angelo Peretti
Il decalogo di Robert Parker sul futuro del vino l'hanno potuto ascoltare i partecipanti al Boroli Wine Forum 2010 svoltosi nei giorni scorsi a Castiglione Falletto presso la cantina La Brunella. Io non c'ero, e ne ho letto su WineNews. E credo sia importante meditarle le indicazioni di Parker, perché, bene o male, è lui che ha dettato la strada del commercio internazionale del vino nell'ultima quindicina d'anni, tant'è che si parla da tempo di parkerizzazione della produzione, e dunque di vini concentrati, possenti, tannici, scurissimi. Sapere come la pensa il profeta del vinone è fondamentale per vedere l'aria che tira.
Ora, il decalogo parkeriano lo riporto pari pari qui di seguito.
1. L’utilizzo dei siti specializzati diventerà di uso comune, diffondendo in maniera più democratica ogni genere di informazione;
2. scoppieranno vere e proprie guerre per aggiudicarsi i vini migliori: grazie alla pressione dei nuovi mercati come Asia, Sud America e Europa centrale e dell’Est, una cassa di grande Bordeaux che oggi costa 4.000 dollari toccherà i 10.000;
3. la Francia avrà un ridimensionamento: la globalizzazione del vino avrà conseguenze disastrose per questo Paese, e se il 5% dei produttori continuerà a mettere sul mercato vini top, molti falliranno;
4. i tappi spariranno: entro il 2015 la maggioranza delle bottiglie non avrà più tappi di sughero ma tappi a vite;
5. la Spagna sarà la nuova star dell’industria e, sempre entro il 2015, le regioni più quotate saranno Torno, Jumila e Priorat;
6. esploderà il Malbec: tra 10 anni la grandezza dei vini argentini prodotti con uva Malbec sarà riconosciuta da tutti;
7. la Costa Centrale della California governerà l’America, e la regione di Santa Barbara soppianterà la Napa Valley;
8. il Centro-Sud Italia aumenterà di prestigio: Umbria, Basilicata, Sardegna e Sicilia diventeranno sempre più famose;
9. ci sarà un numero sempre maggiore di buoni vini e buon prezzo, soprattutto di produzione europea e australiana;
10. la parola d’ordine sarà diversità: avremo vini di qualità dai Paesi più inaspettati come Bulgaria, Romania, Russia, Messico, Cina, Giappone, Turchia, Libano e, forse, perfino dall’India.
Ora, qualche commento, mio, personalissimo, opinabilissimo.
1. Che l'utilizzo dei siti specializzati possa diventare di uso comune mi fa piacere e lo spero, visto che un pochettino è anche la mia piccola ambizione; credo ci voglia peraltro tanta, tanta professionalità;
2. e chi se ne frega se i cinesi compreranno sempre più premier cru? mica faccio l'investitore del vino, io, e comunque quando le bolle speculative si allargano, prima o poi scoppiano (dice niente la new econony?);
3. temo che la profezia sulla crisi francese si avveri, ma allora i prezzi dei terreni vitati scenderanno in picchiata e dunque prima o poi ci sarà chi tornerà a investire sulla Francia;
4. magari! non vedo l'ora che lo screwcap - la capsula a vite - conquisti la produzione vinicola, regalandoci la bellezza di vini più freschi, dinamici e soprattutto integri;
5. sulla Spagna stanno concentrandosi - che strano - le attenzioni del mondo anglosassone, e loro, gli spagnoli, si stanno sempre più americanizzando nello stile, e per l'Italia temo possano essere guai seri, ma occorre in primis verificare se i venti di crisi economico-finanziaria che stanno spazzando il paese iberico lasceranno il segno anche sul comparto vitivinicolo;
6. chissà: quella del Malbec sarà mica una nuova moda destinata a durare quel che dura? adesso me li vedo i miei conterranei veneti che tornano a piantare malbèc nelle zone di pianura, come facevano prima dell'infatuazione per il pinot grigio;
7. ah, capito, ma chi se ne frega su quale regione a stelle e strisce prevarrà in America?;
8. siamo certi che i bravi vigneron dell'Italia meridionale sapranno emergere davvero sopra le drammatiche, incarnite contraddizioni che nascono dalla pressione "dell'altro stato" che domina da quelle parti? coraggio, faccio il tifo per voi!;
9. sono completamente d'accordo, ché la competizione a mio avviso sarà proprio su questo terreno: proporre a buon prezzo vini dalla precisa identità;
10. non ho dubbi che avremo vini di qualità anche fuori dall'Europa "classica", e dunque mi aspetto una nuova corsa a investire sui "nuovi mondi": ma dove lo metteremo tutto 'sto vino?

2 dicembre 2010: a Garda serata con la cucina di marroni di San Zeno dop

La rassegna "San Zeno Castagne Bardolino & Monte Veronese", che ha visto protagonisti da metà ottobre a metà novembre cinque ristoranti di San Zeno di Montagna (Verona) con i loro menù degustazione a base di marroni di San Zeno dop e castagne del monte Baldo, avrà una simpatica coda sul lungolago di Garda (Verona) la sera di giovedì 2 dicembre nell'ambito del "Natale tre gli olivi". Sotto il tendone-ristorante allestito nell'ambito della manfestazione, i ristoranti Al Cacciatore, Bellavistam Costabella, Sole e Taverna Kus proporranno infatti un ricco menù composto da una portata per ciascun locale al prezzo promozionale di 25 euro, compresa una bottiglia di vino Bardolino ogni due persone. Un'occasione unica per assaggiare il meglio della cucina del monte Baldo.
Questo il menù:
Ristorante Costabella: sauté di castagne e radicchio rosso nella mela con salsa al Monte Veronese
Ristorante Sole: minestrone di marroni di San Zeno
Ristorante Al Cacciatore: orzotto mantecato con marroni di San Zeno, zucca e salsiccia
Ristorante Taverna Kus: guancia di manzo cotta a bassa temperatura con salsa ai marroni di San Zeno e polenta e verze stufate con marroni
Ristorante Bellavista: doppia frolla di marroni con pere, cioccolato fondente e salsa ai cachi.
Prenotazioni nei singoli ristoranti.

28 novembre 2010

Ma il Trentodoc adesso vuol essere docg?

Angelo Peretti
Ecco, certe cose non le capisco. Per esempio una frase come questa non la capisco: "Il marchio Trentodoc ha aumentato la propria notorietà e il proprio peso in tutti i canali distributivi. Un elemento questo che ha stimolato l’idea di passare a Docg". O è un infortunio dell'estensore del comunicato, o è un infortunio comunque: com'è possibile che si sia investito tanto e poi tanto per creare e promuovere il marchio (registrato, ovviamente) Trentodoc - col termine "doc" dentro al brand - per poi pensare di rinunciare alla doc e passare alla docg? Si cambierà il marchio adesso che comincia con fatica (e soldi a palate) a farsi conoscere? Oppure si vorrà provare a fare un gioco di prestigio dicendo che il Trentodoc è docg, finendo così solo per mettere in confusione la gente?
E poi: com'è possibile che si sia voluto incorporare il termine doc nel marchio d'una denominazione senza pensare di essere coerenti sempre e comunque con una scelta del genere?
Ecco, certe cose non le capisco, e questa è una delle cose che proprio non capisco.

Vin de Pays du Jardin de la France Sauvignon Olivier Cousin

Mario Plazio
Se avete dubbi sui vini biodinamici, su quelli senza zolfo o naturali che siano, allontanatevi da questa etichetta. Non è il miglior esempio da citare per convincere che è incerto od ostile alla tipologia.
Questo Sauvignon è del 2004 (il vin de table non può riportare l’annata) e per fugare qualsiasi dubbio sfodera da subito un colore oro-arancio molto intenso.
Vorticoso il naso, che colpisce soprattutto per l’aspetto balsamico che giunge e sfumature di canfora, con un frutto maturo che però non diviene esotico.
Ecco, questo è un vino che sarebbe divertente servire in un bicchiere nero. Credo che quasi tutti lo prenderebbero per un rosso. E un rosso tosto, mica un vinuccio qualsiasi.
In bocca è proprio il tannino a dettare legge, con un carattere irriducibile che non flette di un millimetro nemmeno dopo qualche giorno. Caffè, ribes e una inevitabile presenza di acidità volatile.
Tirando le somme: un vino a parte, troppo caratterizzato per poterlo valutare, ma che potrebbe sconvolgere qualcuno (nel senso positivo intendo). Da provare comunque per arricchire ulteriormente il proprio bagaglio.
Non valutabile in faccini

27 novembre 2010

Quando impareremo che il terroir viene prima?

Angelo Peretti
Quando mi capita fra le mani, la sfoglia volentieri, 'sta rivista. Si chiama Gola Gioconda. Un trimestrale di grande formato e non tantissime pagine. Curioso, a volte molto orientato verso l'editoria a tema gastronomico (ottima la rassegna libraria), a tratti anche divertente e perfino talvolta irriverente. Insomma: una lettura che sa essere piacevole. Ed in effetti l'oggetto che si legge sul frontespizio è il seguente: "Il piacere della tavola in Toscana in Italia e nel mondo". E che in quanto a piacevolezza del convivio si parta dalla Toscana è spiegato dal fatto che l'editore è fiorentino (ed è quindi ovvio che spesso si tratti d'argomenti toscaneggianti).
Sul numero terzo dell'anno corrente c'è un pezzo di Sandro Bosticco titolato: "Francia-Italia, piatto al centro". Un confronto italo-franzoso su certe faccende enogastronomiche. Salta fuori, andando a sintesi estrema, che il match si conclude con "un bel pareggio" quando si parli di formaggi, un secco 4-1 a favore de' francesi quando si passi al tema degli alcolici e un qualche vantaggio italico in fatto a storicità della letteratura culinaria. Per me, concordo sugli alcolici (ce le suonano di santa ragione, i galletti) e sull'editoria cuciniera, ma non sui formaggi, per i quali - checché se ne dica secondo uno stereotipo corrente - gl'italiani sono in grado di giocarsi la partita, e anche di vincerla, in fatto di produzione (non in materia di promozione, però).
Detto questo, mi soffermo su quanto il Bosticco scrive in tema di vino italo-francese. Dice che di là dalle Alpi, "abili nel mettere in vista i loro prodotti migliori, fanno credere al mondo che dietro un Pétrus o un Lafite ci siano milioni di ettolitri di Bordeaux di qualità appena inferiore. O che tutti i Bourgogne possano in qualche modo ricordare Romanée-Conti. Laddove i produttori italiani vantano continui cambiamenti di enologi, uvaggi e tipi di botti, i francesi zitti zitti fanno lo stesso senza sbandierarlo. Parlano continuamente di terroir mentre vendono un sacco di vini sotto il nome di vitigno".
Ora, al di là dell'impostazione ironica, credo che quest'estratto da Gola Gioconda centri la questione. Tu vai da un produttore italiano e ti fa vedere la cantina - magari griffata da qualche illustre architetto, e comunque perfettamente a norma - e ti presenta l'enologo e a volte anche il cantiniere. Vai da un francese e ti parla di terroir, esprimendo un caloroso senso d'appartenenza, e ti fa tastare vecchie annate e al massimo, se insisti, ti porta a visitare il vigneto, ma pressoché mai la cantina.
Quando impareremo?
Intendo, quando impareremo che l'appartenenza a un terroir e ad un'appellation è un valore, a prescindere che il vicino di casa faccia il vino buono o cattivo, che sia un vignaiuolo o un commerciante, che produca mille bottiglie o che ne venda un milione?
La denominazione "vale" se ci si crede. Tutti.

26 novembre 2010

Arriva la capsula dei vini del Südtirol: e bravi 'sti altoatesini

Angelo Peretti
Qualche tempo fa scrivevo su quest'InternetGourmet che siamo "condannati alla fascetta": che insomma se si vuol rendere distinguibile - tracciabile, dice qualcheduno - una bottiglia, allora la legge italiana non lascia altra soluzione che appiccicare anche sulle bocce dei vini doc - com'è per i docg - la linguetta di carta stampata dalla Zecca (come fossero schèi di carta). Epperò - dico io - sarebbe bello se si potesse usare, al posto della fascetta, una capsula col contrassegmo. Rendendo di fatto riconoscibile la provenienza del vino, come fanno i francesi o gli austriaci.
Leggo ora su Intravino che in Alto Adige - pardon, Südtirol - la capsula l'hanno ideata, e distinguerà i vini della provincia autonoma che abbiano almeno una qualche dignità di prezzo.
Jacopo Cossater, nel post d'Intravino, parte scrivendo: "Facciamo così: invece di dedicare all’argomento qualche riga introduttiva andiamo direttamente oltre e diamo per scontato che l’importanza della riconoscibilità per un determinato territorio sia cosa buona e giusta. Ok? Bene. Appurato questo possiamo iniziare a parlare di quanto sia importante per il famoso consumatore medio capire immediatamete, anche e soprattutto dalla confezione, la provenienza di un prodotto". E condivido.
Poi dice: "Ecco quindi che fa piacere constatare che anche un territorio di primaria importanza come l’Alto Adige ha deciso di puntare ancora di più ed in modo unito verso un concetto chiaro di riconoscibilità. Dall’anno prossimo ed in generale dalla vendemmia 2010, infatti, molte delle cantine della provincia autonoma di Bolzano useranno una capsula comune che riporta sulla testa la dicitura 'Südtirol' con relativo logo". Eppoi spiega che "l’unico scoglio riguarda il prezzo, se un produttore infatti propone bottiglie a denominazione di origine inferiori ai 3,90 euro iva esclusa non si potrà fregiare di questo particolare bollino di appartenenza", ed anche questa non è una cattiva trovata.
Ora, nei commenti al pezzo d'Intravino c'è chi ha sollevato obiezioni, anche accese, al fatto che il nome sia solo in tedesco, e non compaia anche l'italico Alto Adige accanto al teutonico Südtirol, ma a me la cosa non fa impressione: liberi gli altoatesini-sudtirolesi d'applicare il marchio che ritengono più efficace in fatto di comunicazione. E comunque, con questa mossa stanno di un bel passo davanti agli altri vigneron. E un po' li invidio.

25 novembre 2010

Bradisismo 2000 Inama

Mario Plazio
Terreno di grandi potenzialità quello dei Colli Berici.
Anche se con risultati altalenanti (ma sicuramente i vigneti devono ancora invecchiare per entrare nella fase di maturità) e con tentennamenti stilistici, un pugno di aziende sta cercando, e talvolta riuscendo, di dare una identità ad un territorio che ha tremendamente bisogno di trovarne una.
Un punto fermo è che da queste parti è meglio darsi da fare con i rossi. Non me ne vogliano i vignaioli che sudano per portare a casa qualche buon bianco, ma risulta evidente la maggiore vocazione per i rossi.
Casomai il problema è quello di contenere le gradazioni alcoliche e conservare un profilo di eleganza.
Il Bradisismo è a mio avviso una bottiglia che procede in questa direzione, senza bisogno di impressionare per la potenza e la concentrazione.
La caratteristica più positiva è proprio l’eleganza della beva, mentre qualche riserva la emetto a livello olfattivo per uno strano odore di cassetto chiuso che disturba e toglie finezza all’insieme. Inoltre non è finissimo l’impatto del legno, che ritorna nel finale di bocca. Per il resto si tratta di una bottiglia oggi perfetta da bere, godibile e ben abbinabile a svariate preparazioni culinarie.
Due faccini :-) :-)

24 novembre 2010

I Colli Bolognesi e il Gambero "cattivo"

Angelo Peretti
Ho seguito da lontano - da giornali e blog, intendo - la polemica innescata dai produttori dei Colli Bolognesi nei confronti della guida del Gambero Rosso e del suo responsabile locale, rei - a sentire i vigneron del luogo - d'aver trascurato o sottostimato zona e denominazione. E, insomma, per sintetizzare, ricordo che sul Resto del Carlino si son letti vari interventi di cantinieri bolognesi - ed anche della stessa presidenza del Consorzio di tutela - che han dichiarato che non manderanno più il vino agli assaggi della guida gamberista.
Dal canto suo, il direttore della guida, Daniele Cernilli, intervenendo nel fitto dibattito del blog Intravino, ha sostenuto che se i vini non glieli manderanno, vorrà dire che il Gambero se li comprerà. E c'è chi si è spinto a ribattergli: "Attenzione a reperire i campioni contro la volontà delle aziende: le vie legali, a volte, sono infinite…". Minaccia per me inquietante, visto che le bottiglie recensite su quest'InternetGourmet sono per la stragrande maggioranza acquistate dal sottoscritto e dunque reperite senz'alcun consenso del produttore. Il quale produttore, tuttavia, in etichetta o in contr'etichetta non l'ha mica scritto che il suo vino va bevuto previa sottoscrizione di verbale di conciliazione nel quale il compratore s'impegna a non dare giudizio alcuno sul prodotto, obbligandosi invece a bere in totale silenzio. E allora me lo compro, me lo bevo e dico quel che ne penso, vivaddìo.
Detto questo, credo che 'sta questione bolognese sarò curioso di vedere come va a finire, se insomma il faccia a faccia andrà avanti con puntiglio o se invece andrà a finire a crescentina e Pignoletto (dir tarallucci e vino mi sembrava fuori luogo), nel qual secondo caso avverto che non mi dispiacerebbe essere in qualche modo della partita, ché amo certa cucina ruspante e i vini dalla beva non impegnativa.
Giusto così per dire, ricordo che un paio d'anni fa, quando L'Espresso uscì con la copertina di Velenitaly proprio in apertura dell'evento veronese del Vinitaly, raccolsi incavolatissime determinazioni del mondo vinoso circa il "non manderemo mai più i vini alla guida dell'Espresso". Poi la guida uscì e non mi sembra proprio che fosse in formato mignon per deficit di vini assaggiati.

23 novembre 2010

Soave Classico Superiore Monte di Fice 2006 I Stefanini

Mario Plazio
Il Soave Monte di Fice sembra incarnare una nuova via per il vino bianco d’eccellenza del veronese. Almeno questo sembra essere quello che si deduce da questo 2006 ancora estremamente giovane (e dall’assaggio in cantina degli altri vini aziendali).
Colpisce la grande aromaticità ed apertura del vino, il bilanciamento tonale. Intendo dire che ci troviamo di fronte ad uno stile consensuale, lineare, elegante e moderno. Senza però tutti quei tecnicismi che spesso devo dire, molti degustatori confondono con la definizione di “moderno”.
Non sempre abbiamo bisogno di vini introversi, intellettuali e compiaciuti di quanto sono ostici. Dico anche che ogni tanto (o spesso) c’è una non tanto sottile vena di compiacimento nel parlare di questi prodotti poco accessibili, le cui chiavi di lettura sono forniti ai soli iniziati.
Con tutto questo il Monte di Fice non c’entra nulla. È, per dirla in linguaggio internazionale, “easy”. E credo sia una carta notevole da spendere nel panorama di crisi che colpisce anche il mondo del vino.
Di bottiglie come questa ce ne vorrebbero molte, territoriali, semplici e immediate. Sono sicuro che il mercato tributerà il giusto riconoscimento proprio a questo tipo di vini.
Due faccini + :-) :-)

22 novembre 2010

La Federazione italiana vignaioli indipendenti dichiara battaglia all’etilometro

Riceviamo e pubblichiamo questa nota della Fivi, la Federazione italiana dei vignaioli indipendenti, che si dichiara di avere "pronta una denuncia sulla inaffidabilità dell’etilometro, in uso alle Forze dell’Ordine, da inviare al Ministero dei Trasporti".
Di seguito il comunicato.
Costantino Charrère, presidente della Fivi, Federazione italiana vignaioli indipendenti, è sulle barricate da settembre come promotore della battaglia contro l’etilometro, dal 13 novembre diventato obbligatorio (sotto forma di “precursore alcolemico”) anche per i locali che somministrano alcolici dopo la mezzanotte.
Dopo la conferenza stampa di settembre che ha puntato i riflettori ufficialmente sull'inaffidabilità dell’etilometro, la Federazione intende proseguire con forza la sua battaglia contro il Draeger 7110 MK – strumento in dotazione alle Forze dell’Ordine per i controlli su strada - non idoneo a svolgere il compito per cui è stato introdotto, ossia il livello della concentrazione di alcol etilico nel sangue.
“Per sostenere scientificamente la nostra battaglia, ci siamo rivolti ad un luminare come Michael Hlastala, professore emerito in Fisiologia, Biofisica e Medicina dell’Università dello Stato di Washington – prosegue Costantino Charrère – la cui analisi ha sottolineato le imprecisioni legate all'uso dell’etilometro e all’inadeguatezza di questo strumento per la rilevazione dello stato di ebrezza ”.
Oggi, dopo l’introduzione di questo strumento, chi subisce l’attacco più pesante è il vino, considerato più pericoloso della stessa droga e di altre cause, prima fra tutte l’alta velocità. Ecco perché è pronta una denuncia da inviare ala Ministero dei Trasporti per fare chiarezza sui dati e le statistiche sugli incidenti della strada, in modo che il vino possa avere una giusta collocazione nell’incidenza delle sciagure stradali e non continuare ad essere visto come un capro espiatorio.
Per ribadire gli intenti della Federazione, il professor Hlastala sarà presente al prossimo Boroli Wine Forum che si terrà il prossimo 26 novembre presso la Cantina La Brunella di Castiglione Falletto (Cuneo) .

E basta con questo vino delle emozioni!

Angelo Peretti
Oh, non se ne può più di chi vuol farci "emozionare" a tutti i costi. Paolo Ghezzi, giornalista del quotidiano L'Adige ed ottimo conduttore del "live-blog" su vino e comunicazione cui ho partecipato qualche giorno fa a San Michele all'Adige ha ricordato che in un recente meeting dedicato al turismo trentino, tutti gl'intervenuti avevano un'unica parola d'ordine: per prendere villeggianti, occorre emozionarli. Ed ha scherzosamente osservato che quando perfino la guida alpina ha detto che l'obiettivo è quello di emozionare, un attimo un brivido gli è venuto, perché semmai la mission in quel caso è dar sicurezza, altro che emozione.
Ora, ai fan della comunicazione emozionale vorrei far leggere alcune parole che Oscar Farinetti - il signore ritratto nella fotina qui sopra, uno che di business se n'intende, visto che le sue imprese, e soprattutto Eataly, son di successo - ha detto a Marisa Fumagalli per un servizio uscito sul numero scorso di Sette, il magazine del Corriere della Sera.
Osserva dunque Farinetti: "Ha notato che la pubblicità dei prodotti alimentari della grande industria si è inserita nel trend dei consumatori consapevoli? Prendiamo la Ferrero, colosso del settore dolciario. Antenne dritte, negli spot, punta sulla materia prima e la provenienza. Un esempio? Il latte delle valli piemontesi, i limoni di Sicilia, pe una sua specialità da frigorifero. Insomma, meno emozione, più contenuti. È una linea che si sta diffondendo".
Ecco, ma visto che certi soloni del marketing da quartiere seguitano a insistere dicendo che un vino deve emozionare, che un piatto deve emozionare, che un ristorante deve emozionare, magari è il caso di ripeterlo: più contenuti. Le emozioni semmai vengono da sole, se ci son contenuti di livello.

28 novembre 2010: la pearà veronese a Milano

Torna a Milano il Circolo della pearà: appuntamento domenica 28 novembre 2010, alle ore 12.30, al ristorante dell’hotel Ramada Plaza, in via Stamira D'Ancona, 27.
La pearà è la classica salsa da bollito veronese: viene preparata con pane secco grattugiato, brodo di manzo, pollo e vitello, midollo di bue e pepe abbondante. “La maggior parte dei commensali – afferma Gianmaria Radice, ideatore dell’iniziativa – ha origini veronesi o legami con la città scaligera, ma i quarti di veronesità non sono indispensabili, anzi al Circolo della pearà sono ben accetti i foresti, i gourmet, e anche i semplici curiosi, che di un piatto come la pearà finora hanno solo sentito parlare. Più saremo e più sarà importante il contributo economico che riusciremo a offrire alle attività di cooperazione svolte dagli amici di Medici per la pace.”
La cucina è affidata alla supervisione dello chef veronese Giorgio Gioco e del figlio Antonio (sono loro nella foto), titolari del celebre ristorante scaligero Dodici apostoli, e il servizio in sala alla società di catering Papillon diretta da Luca Legnani. I vini sono offerti dall’azienda agricola Brigaldara.
Quote di partecipazione: ospite singolo 50 euro, coppia 80 euro, bimbi e ragazzi gratis.
Il ricavato, assicurano gli organizzatori, sarà interamente devoluto alla onlus Medici per la Pace.
Per informazioni e prenotazioni: Gianmaria Radice, e-mail: gianmaria.radice@bmw.it.

21 novembre 2010

25-29 novembre 2010: il Salon des Vignerons Indépendants a Parigi

Si svolge dal 25 al 29 novembre a Parigi, presso Paris Expo in Place de la Porte de Versailles, il Salon des Vignerons Indépendants, la fiera dell'associazione dei vignaioli indipendenti francesi: presenti quasi mille produttori provenienti da tutte le aree vinicole della Francia. L'orario di apertura è dalle 10 alle 20 il 25 novembre, dalle 10 alle 19.30 il 26, dalle 10 alle 20 il 28 e 29 e dalle 10 alle 18 il 29. Il biglietto intero costa 6 euro.
Per i patiti dell'iPhone è stata realizzata una speciale applicazione che permette di sostituire il vecchio taccuino da degustazione.

25 novembre - 13 dicembre 2010: Bollicine su Trento

Dal 25 novembre al 13 dicembre l'Enoteca di Palazzo Roccabruna, casa dei prodotti trentini, nel cuore di Trento, ospita Bollicine su Trento, un evento dedicato al Trentodoc, lo spumante metodo classico della provincia tridentina: le degustazioni sono aperte il giovedì e il venerdì dalle 17 alle 22 e il sabato e la domenica dalle 11 alle 22, mentre l'8 e 13 dicembre va dalle dalle 17 alle 22.
Venerdì 26 novembre il programma è fittissimo: dalle 10 alle 12 degustazione libera dei circa 40 esempi di Trentodoc presenti a Bollicine su Trento 2010, alle 12 è di scena Gli Introvabili, una degustazione guidata da Marco Sabellico, curatore della guida Vini d'Italia del Gambero Rosso, con 10 campioni di Trentodoc non più in commercio, mentre alle 16 alla sala Calepini, presso la sede della camera di Commercio, è previsto l'incontro "Dialoghi sulle bollicine: evoluzione e tendenze di mercato", con la partecipazione di Giles Fallowfield, esperto inglese di metodo classico, Enzo Vizzari, direttore della guide de L'Espresso, e Marco Sabellico. Nella serata del 26 novembre i produttori trentini saranno presenti nei bar del capoluogo per Trentodoc in Centro": è l'occasione giusta per incontrarli e assaggiare i loro vini.
In concomitanza con Bollicine su Trento, la rassegna Trentodoc on the Road offre invece occasioni di degustazione in numerosi hotel, ristoranti, enoteche, winebar.
Il programma completo si può leggere cliccando qui.

11 dicembre 2010, Vinix Live! a Ferrara, "alla scoperta dei Vinini, dei Vini delle Sabbie e del Territorio Ferrarese"

Vinix Live!, il format creato da Filippo Ronco, con la collaborazione di Davide Cocco, ideatore del Baratto Wine Day, sarà di scena a Ferrara, nella prestigiosa sede del Castello Estense, sabato 11 dicembre 2010 ed avrà il vinino al centro dell’attenzione.
Titolo dell’appuntamento, organizzato da Mirco Mariotti, titolare dell’azienda vitivinicola Mariotti e animatore del blog Blog&Wine, e dal Consorzio Il Gusto di Ferrara, è: Alla scoperta dei “Vinini”, dei “Vini delle Sabbie” e del Territorio Ferrarese.
Su Blog&Wine, tra l’altro, Mirco Mariotti, presentando l’iniziativa, riporta integralmente il testo dell’Elogio del vinino ovvero
Manifesto per la piacevolezza dei vini da bere.
L’elenco completo di quelli che Mariotti chiama I “vinini” del Vinix Live! #8, ordinati per vitigno d’origine, è il seguente:
Fortana - Mirco Mariotti - Azienda Mariotti
Sauvignon Rosso - Paolo Babini - Vigne dei Boschi
Canaiolo - Silvia Maestrelli - Villa Petriolo
Corvina (Bardolino) - Matilde Poggi - Le Fraghe
Grignolino - Nadia Verrua - Cascina Tavijn
Tai rosso - Tommaso Piovene - Piovene Porto Godi
Schiava - Matthias Hauser - Castell Sallegg
Il programma della manifestazione prevede dalle 14 alle 20 la degustazione e la vendita di vini e di prodotti gastronomici nell’Imbarcadero del Castello (biglietto d’entrata a 10,00 euro).
Alle ore 11 è in calendario #trebbiano1, il Bianco Italico in cerca d’Autore, una degustazione guidata in collaborazione con Jacopo Cossater di Enoiche Illusioni.
Alle ore 12.30, il brunch a base di prodotti ferraresi presso la Caffetteria del castello Estense (10 euro a persona).
Alle ore 18 il Baratto Wine Day, libero scambio di vini portati da casa o acquistati in loco, gestito da Davide Cocco.
Alle 20.30 la cena nella Caffetteria Castello, all’interno della sala affrescata del rivellino nord del Castello Estense (26,00 euro a persona; (la cena si effettuerà solo al raggiungimento del numero minimo previsto di 50 partecipanti).
Per tutta la durata dell'evento sarà possibile acquistare vini e altri prodotti al prezzo Vinix Live! cioè ad un prezzo molto vicino al prezzo che i produttori praticano ai ristoranti e alle enoteche.

20 novembre 2010

Fate il vino come piace a voi!

Angelo Peretti
Ecco, questa qui è un'esortazione che sottoscrivo in toto. L'ha pronunciata Carlin Petrini, fondatore di Slow Food, al Salone del Gusto. Rivolto ai vignaioli, ai produttori di vino: "Fate il vino come piace a voi, alle vostre famiglie, ai vostri figli, alle economie dei vostri territori. E, tutto questo, è ben più importante di ogni valutazione al mondo!"
Parole sacrosante. Che, se ascoltate, potrebbero segnare - finalmente - la svolta. E la svolta può passare solo da qui: da una presa di coscienza dei vigneron. Perché tornino, soprattutto, a fare il "loro" vino. Credendoci, Seguitando a crederci anche quando pare che il "mercato" (ma esisterà davvero questo dio onnipotente che chiamano mercato?) vada in un'altra direzione. Restando invece fedeli al territorio, alla cultura d'una comunità, al senso d'appartenenza: insomma, al proprio terroir, che è fatto di terra, di vigna, di clima, certo, ma soprattutto di donne e di uomini, di scienza e di coscienza.
Ecco, questo serve: applicare la scienza, ma ritrovare coscienza. E coerenza. Senza asservirsi alla mode, alle tendenze, ai dettami della critica.
E dunque basta con l'infatuazione per i modelli d'importazione, basta con le concentrazioni marmellatoso-alcolico-tanniche, basta con l'asservimento alle valutazioni centesimali (o ventesimali o quel che volete), basta con una scala di giudizio che sembra essere Vangelo e invece è tante volte solo autocelebrazione del valutatore, ammesso (e tavlvolta non concesso) che questo valuti con conoscenza e con autentica libertà di giudizio, scevro cioè da interessi che non siano quelli d'informare il lettore, libero da sponsorizzazioni, da diktat editoriali.
Basta anche con l'usa e getta dei vitigni ad ogni stormir di fronda delle "nuove tendenze". Basta con l'inseguimento della chimera tecnologica, convinti che la tecnologia porti in dono quanto non si è saputo trarre dalla vigna e dalla terra. Basta con lo spreco della terra, col suo massacro.
Basta, però, anche con l'inseguire i venditori di fumo, basta coi tentativi d'accaparrarsi la recensione a suon d'ammiccamenti promo-pubblicitari. Basta, per favore.
Che si torni a far vino che sappia a suo modo parlare di territori, di persone, di storie, di sentimenti, di tradizioni, di emozioni, di sacrifici, di gioie, di dolori, d'umanità. Sennò tanto vale dedicarsi ad altro.
Cone ha scritto di recente Matt Kramer su Wine Spectator, "it's all about authenticity", è tutta questione di autenticità. Ecco: torniamo ad essere autentici. Come persone, intendo, prima di tutto. Il vino che verrà, sarà la conseguenza.

19 novembre 2010

Vino in Bocca: la comunicazione del vino ed il (difficile) rapporto con Internet

Angelo Peretti
Vino in Bocca: era questo il titolo del "live blog" (interessante neologismo) che abbiamo tenuto oggi io ed altri "attivisti" della rete a San Michele all'Adige in un incontro promosso dall'Assoenologi del Trentino: insomma, una chiacchierata aperta alle controdeduzioni in tempo reale da parte del pubblico. Gli "altri" in questione erano Fabio Giavedoni, co-curatore della guida Slow Wine, Filippo Ronco, patron di TigullioVino, VinoClic, Vinix (e con lui, come supporter, Davide Cocco) e Stefano Caffarri di Appuntidigola, più, ed è stato bravo assai, Paolo Ghezzi, giornalista del quotidiano L'Adige, ufficialmente nella veste di moderatore, ma in realtà nel ruolo di co-relatore.
Probabile che della cosa qui e là si possa leggere nei prossimi giorni sul web. Però intanto pubblico qui di seguito i testi delle slide che ho utilizzato per il mio intervento. Che è stato impostato in forma apodittica.
Ora, se il termine testé citato vi ha di già fatto venire un leggero cerchio alla testa, sappiate che apodittico significa anche, grosso modo, "inconfutabile", e che insomma un discorso è apodittico quando non ammette mediazioni: o bianco o nero, o di qua o di là. Il che corrisponde, quasi sempre, alla maniera di porsi di chi bazzica il mondo dei blog: la mediazione non va di moda, sul web. Prendete dunque quanto dico come estremizzazione. Ma forse neanche tanto.
A proposito, il titolo della mia conversazione era: "La comunicazione del vino ed il (difficile) rapporto con Internet". Aggiungo che la foto che correda questo post è "rubata" dalle pagine Facebook di Armin Kobler, vignaiolo e blogger.
Ecco i testi.
La chimera del Mercato
Il Mercato non esiste: è un concetto astratto.
Esistono i mercati, o meglio, una pluralità di segmenti, costituiti da nuclei più o meno ampi di persone che hanno culture, propensioni, attitudini diversificate.
La domanda è: quali sono i “miei” segmenti, a quali segmenti posso o voglio rivolgermi?
Ogni azione di comunicazione va tarata in conseguenza della risposta data a questo interrogativo.
Conoscere per comunicare
Posso comunicare solo ciò che conosco: la pianificazione e la realizzazione di iniziative di comunicazione necessitano di fondarsi su chiari elementi cognitivi, configurabili secondo una serie di priorità.
Evidentemente, in assenza di tali elementi, l’attività di comunicazione poggia solo su considerazioni empiriche, che rischiano di risultare riduttive in termini di incisività.
Il posizionamento
Prioritaria ad ogni azione di comunicazione è un’indagine di posizionamento sul contenuto che si intende comunicare (prodotto, territorio, marca, denominazione, idea ecc.).
La comunicazione del vino
Per quanto riguarda il vino, per la sua comunicazione è necessario disporre di evidenze sul posizionamento in termini geografici (dove viene venduto il nostro vino?), settoriali (chi beve il nostro vino?), motivazionali (perché viene scelto il nostro vino), percettivi (qual è l’opinione dei consumatori e degli operatori?), prospettici (dove e quanto vendere in futuro?).
Tali informazioni costituiscono un pre-requisito fondamentale per dare efficacia alle azioni di comunicazione.
Una volta analizzato il posizionamento del prodotto-vino, è necessario individuare i segmenti verso i quali indirizzare le azioni di comunicazione, i linguaggi da utilizzare nella comunicazione verso quegli specifici segmenti e gli strumenti con cui comunicare a quegli specifici segmenti.
Internet come strumento di comunicazione
Internet può costituire un utilissimo strumento di comunicazione qualora si adottino forme di comunicazione coerenti con la scelta dei segmenti di interesse e dei linguaggi “dedicati”.
Soprattutto nella comunicazione on line, che si rivolge a lettori di livello di alfabetizzazione informatica molto diversificati, non è assolutamente irrilevante la scelta del linguaggio da adottare.
Il problema: il vino è compatibile con Internet?
Pur coinvolgendo una pluralità di valori immateriali, il vino è pur sempre un bene materiale: se il vino va assaggiato, degustato, bevuto, posso “sostituire” tali esigenze “fisiche” con uno strumento tipicamente immateriale come Internet?
Probabilmente, la risposta è “no”.
Internet: un incubatoio di idee
Ma allora qual è la vera opportunità che Internet offre alla comunicazione del vino?
La risposta è: essere un “incubatoio di idee” per verificare in tempi rapidissimi la sostenibilità di determinate progettualità del settore.
Qualora la scelta dei segmenti e dei linguaggi sia stata effettuata correttamente il riscontro offerto “in tempo reale” dal popolo del web offre alti livelli di attendibilità e consente dunque di impostare scelte strategiche rapidissime e spesse volte low cost.

Ma che volete farci se 30 mila bottiglie l'anno puzzano di tappo per colpa della barrique?

Angelo Peretti
Da una rivista all'altra, dal Regno Unito alla Francia.
Scrivevo ieri che la britannica testata di Decanter ha informato che c'è chi è convinto che sia stato "sin qui notevolmente sottostimato il rischio che il vino sappia di tappo a causa della contaminazione delle nuove botti in rovere" e che il famigerato tricloroanisolo - il tca -, responsabile dell'odore di tappo, possa arrivare al vino a seguito da contaminazioni del legno di quercia.
Leggo ora in un trafiletto della Revue du Vin de France che la Fedération des tonnelliers de France, la federazione dei bottai transaplpini, cioè, replica che "i casi sospetti di barriques contaminate rappresentano lo 0,04% della produzione annuale" e che si tratta dunque di "meno di 100 botti per anno".
Commenta la Revue, a mio vedere più che appropriatamente: "Non sono già troppe così?"
Vero, verissimo: 100 barrique l'anno "che sanno di tappo" significano più di 22 mila litri di vino difettoso, e dunque grosso modo 30 mila bottiglie fallate: quelle, mica le pagano le tonnellerie, accidenti!

18 novembre 2010

Etilometri e bar: la prevenzione a 5 euro

Angelo Peretti
Da qualche giorno (pardon, notte) è entrata in vigore la norma del nuovo codice della strada che stabilisce che gli esercizi pubblici che tengono aperto dopo la mezzanotte devono avere a disposizione degli etilometri per i clienti.
Bene, si dirà: la prevenzione non fa mai male. Già, ma, a parte che, come ho già scritto, avere a disposizione non vuol dire far usare, l'alcoltest mica lo si può fare gratis nei bar o nelle discoteche. Inutile illudersi: l'invito della legge non prevede la gratuità per forza. E del resto qualche ragione gliela si può dare agli esercenti che dicono che il peso della prevenzione non deve mica per forza gravare tutto sulle loro spalle. Però c'è un però se - come m'è capitato di vedere - nei bar d'una città del nord l'etilometro monouso viene venduto a 5 euro, che non è proprio poco.
Evvai, continuiamo a farci del male.

Se la botte sa di tappo

Angelo Peretti
Oh, là là: mica per forza se il vino sa di tappo è colpa del tappo. Sulla rivista britannica Decanter - numero di novembre - leggo che c'è chi è convinto che sia stato "sin qui notevolmente sottostimato il rischio che il vino sappia di tappo a causa della contaminazione delle nuove botti in rovere". Insomma: il famigerato tricloroanisolo - il tca -, responsabile dell'ignobile odoraccio tapposo, si anniderebbe anche fra i legni delle cantine.
"Dei test di laboratorio condotti in Francia - dice il magazine inglese - suggeriscono che ci sono varie fonti di contaminazione da tca nel legno di quercia, che si ritiene possano verificarsi quando il legno è stato essiccato in maniera naturale".
Ordunque, la puzza di tappo potrebbe originarsi sia nel tappo in sughero, sia nella barrique.
Urca! A questo punto la soluzione è obbligata: orientarsi su vini fatti in acciaio e imbottigliati con la capsula a vite. Che sono poi i vini che in genere piacciono a me, ma questo detto sommessamente, quasi sussurrato.

17 novembre 2010

La Bottega del Vino è salva: l'han presa le Famiglie dell'Amarone

Angelo Peretti
In provincia la notizia girava sottotraccia fra gli "addetti ai lavori" già da qualche giorno: le Famiglie dell'Amarone d'Arte e la riseria Ferron hanno rilevato la Bottega del Vino, storica e blasonata osteria nel cuore della Verona antica. Ad ufficializzare in qualche modo il rumor è stato ieri il quotidiano L'Arena con un articolo di Lucio Bussi, responsabile delle pagine dell'economia. Ha scritto il quotidiano veronese: "Tornerà presto a riaprire i battenti la Bottega del Vino. Lo storico locale di vicolo Scudo di Francia, locale simbolo di Verona attivo dalla fine dell'Ottocento, è stato acquistato dalle Famiglie dell'Amarone d'Arte (associazione che riunisce 12 produttori del celeberrimo vino della Valpolicella) e dalla Riseria Ferron di Isola della Scala. Per realizzare l'operazione è stata costituita una nuova società di capitali la 'Antica Bottega del Vino' partecipata al 60% dalle Famiglie e per il 40% dalla Riseria Ferron". Ed al vertice della nuova società ci sarebbe Franco Allegrini, che guida l'azienda amaronista familiare di Fumane.
La Bottega, uno dei simboli della veronesità enoica, antico luogo di ritrovo di poeti ed artisti scaligeri, ma anche mèta di vip e ricchi turisti (la carta dei vini è fra le più articolate ed ampie che si possano trovare a livello internazionale, e per stappare certe bottiglie occorre accendere un mutuo), era stata repentinamente chiusa a luglio "dopo lo scoppio di una controversia legale tra i due proprietari della società che gestiva il locale". Ed ora dunque si profila una riapertura, con questa joint venture tra gli amaronisti d'arte e il re del riso di Isola della Scala.
Giusto per dire cosa rappresenta (rappresentava) la Bottega del Vino per Verona, riporto qui di seguito le parole con cui l'ho recensita sull'edizione 2010 di Osterie d'Italia di Slow Food (sull'edizione 2011, ora in libreria, non la trovate, perché, appunto, quest'estate il locale ha chiuso i battenti).
Ecco qua il testo: "Più che un’osteria e un ristorante, la Bottega del Vino è un’istituzione a Verona. Un tempo ritrovo di artisti e letterati, è oggi mèta dei turisti alla ricerca di un incontro con la cucina veronese in un ambiente che trasuda storia, avendo a portata di mano una delle più ampie e prestigiose carte dei vini che possiate trovare in Italia. Ovviamente, tanta opulenza ha il suo prezzo, e dunque il conto potrà non essere proprio popolare. Tuttavia, chi volesse comunque fare una capatina in quest’affascinante locale, sappia che nella saletta d’ingresso è possibile anche mangiare un solo piatto (un risotto all’Amarone, una pasta e fagioli, un po’ di polenta e lardo, dei salumi) o risolvere il pranzo con uno degli appetitosi bocconcini disponibili al bancone, accompagnandoli con un bicchiere scelto fra le tantissime etichette del giorno elencate, come tradizione vuole, sulla lavagna".
Detto questo, mi permetto tre commenti.
Il primo: visto che il piatto simbolo della Bottega era il risotto all'Amarone, be', mettendo insieme Gabriele Ferron, infaticabile e onnipresente spiritello della promozione del riso veronese, e le Famiglie non ho dubbio alcuno sulla continuità, ed anzi, ancora di più, che sarà continuità di notevole profilo, e quest'è un bene.
Il secondo: se le Famiglie cominciano ad agire davvero con azioni dalla forte impronta imprenditoriale, come han fatto in questo caso, ben venga la costituzione del loro team, e dunque applaudo.
Il terzo: faccio il miglior "in bocca al lupo" alla newco della Bottega, ma incrocio anche le dita (anche perché, accidenti, oggi è il 17: non si sa mai), perché sin qui non mi pare siano state molte (eufemismo) le enoteche gestite da gruppi di produttori che abbiano avuto non dico successo, ma neppure sopravvivenza e, sia chiaro, non voglio assolutamente con questo passare per uccello del malaugurio, ed anzi dico: lunga vita alla Bottega ritrovata, agli amaronisti e all'amico Gabriele.

16 novembre 2010

Mangiare: patrimonio dell'umanità?

Angelo Peretti
Ullallà, grandi notizie da Nairobi? Il Comitato intergovernativo dell’Unesco stabilisce che la Dieta Mediterranea (iniziali maiuscole d'obbligo, alla faccia anche della grammatica) è patrimonio dell'umanità. E che anche la Gastronomia Francese (iniziali maiuscole, in omaggio alla grandeur transalpina) è parimenti patrimonio dell'umanità. Un sospetto ce l'ho: vuoi vedere che nutrirsi dovrebbe essere un patrimonio dell'umanità? E purtroppo invece per molti è solo un sogno, una chimera. Magari nello stesso continente di Nairobi.

Pico 1999 La Biancara – Angiolino Maule

Mario Plazio
Negli anni Angiolino Maule ha ricercato con rara caparbia l’espressione più pura della garganega. In questo percorso ha cambiato molte volte strada, ma sempre con l’obbiettivo di trasferire nel vino tutto quello che l’uva e il territorio possono dare.
Il Pico è la summa di questo lavoro, un laboratorio nel quale trasferire le proprie esperienze e cercarne di nuove.
Ho aperto quindi con curiosità l’annata 1999, nella quale il vino era protetto da una dose (minima) di So2, mentre le versioni più recenti sono completamente senza solforosa.
È un vino che rivela tutta la sua grandezza al palato, puntuale, rilassato e carezzevole. Rispetto ai suoi colleghi friulano/sloveni (vedi per non fare nomi Radikon e compagnia bella), il Pico rimane più fine, scevro da concentrazioni inutili, meno macerato e più bevibile.
Il naso è più complicato, ha bisogno di tempo per far uscire una bella pietra focaia, umori di humus, sottobosco e torrente di montagna (chi la frequenta forse mi capirà).
Il frutto esplode in bocca dopo molti secondi, e rimane molto vicino ai sapori dell’uva.
Una bottiglia sicuramente autunnale, provatela non troppo fredda ad esempio su un piatto a base di funghi, stappandola prima e caraffandola al momento del servizio.
Tre faccini :-) :-) :-)

15 novembre 2010

Novità sulla rete: nasce Le Mille Bolle Blog

Angelo Peretti
Blo-blo-blog le mille bolle blog mi verrebbe da cantare parafrasando la canzone di Mina, ché parafrasi è quella che ha voluto proporre l'autore d'un nuovo blog: Le Mille Bolle Blog, appunto. E l'autore in questione è un giornalista e wine blogger che stimo - e non è un segreto - e che non sempre necessariamente condivido nell'impostazione - e anche questo non è un segreto, ed anzi è bello che sia così, vivaddìo, fra chi la libertà di giudizio - e che ha nome di Franco Ziliani - da non confondere con altro omonimo che fa vini con le bolle - e che è uno spiritello che ti raccomando, mordace e salace quanto un extra brut non dosato, giusto per restare in tema. Già, ché il neonato blog - l'avete capito da voi - è tutto dedicato alle bollicine, e se proprio volete chiamarle spumanti, fate pure.
Dopo l'avventura di Vino al Vino, che continua la pubblicazione, dopo un'inspiegata sosta di qualche tempo fa, Franco è dunque approdato ad una nuova esperienza in rete, e credo - confido - che questo suo nuovo impegno serva a ridestare e indirizzare il dibattito sul tema dell'italica spumantistica. Che ne ha bisogno, e non certo per spezzare le reni allo Champagne, quanto per trovare una propria identità.
Che sia dunque benvenuto questo Mille Bolle Blog.

Basta che sia Ferrari

Angelo Peretti
Ruby di qua, Ruby di là, ormai la protagonista del gossip di questi tempi grami è 'sta ragazza che fa tremare il Palazzo. E che ad occhio e croce ama quel che porta il nome di Ferrari.
Sissignori, ché le le cronache mondane dei giornali che ci nutrono di pettegolezzi, doviziosi di particolari, c'informano dapprima che Karima El Marough, alias Ruby, il primo novembre è diventata maggiorenne e ha festeggiato all’Albikokka di Genova, il locale dove aveva lavorato in passato, e il settimanale Oggi la ritrae mentre "gioca con la bottiglia di spumante..." ed è spumante italiano, anzi, di più, trentino e lo si vede ben bene in fotografia: il Ferrari, in formato magnum.
Eppoi ancora i settimanali attenti alle gesta dei (presunti) vip che fan vendere copie, ci spiegano che qualche giorno dopo Ruby s'è ripresentata all’Albikokka di Genova "a bordo di una Ferrari rossa guidata da un amico".
Evvai con l'italianità gossipara! Basta che sia Ferrari, dicevo, e poco importa se è la bolla di Trento o la rossa di Maranello. Altro che politica: vuoi vedere che è 'sta qui la maniera per rilanciare i settori dell'auto e del vino? Del resto, quella che han sempre chiamato la saggezza popolare contadina ci ha mica insegnato che "tira più un pel de mona che un càro de bò?"

14 novembre 2010

19 novembre 2010: un live-blog sulle nuove tendenze della comunicazione a San Michele all'Adige (Trento)

Angelo Peretti
Il titolo è: "Vino in bocca - tendenze e comunicazione nell'epoca di Internet". L'hanno definito un live-blog, una sorta di diario dal vivo. E ci sarò anch'io fra i parlatori: l'appuntamento è per venerdì 19 novembre, alle ore 9.30, nell'Aula Magna dell'Istituto di San Michele all'Adige (Trento). Interveranno Fabio Giavedoni, co-curatore della guida Slow Wine, Filippo Ronco, patron di TigullioVino e dei correlaati spin-off (oh, quanto inglese che si mastica in economia e sulla rete!), Stefano Caffarri di Appuntidigola e il sottoscritto, appunto, mentre a far da moderatore sarà il giornalista del quotidiano L'Adige Paolo Ghezzi.
Ora, la spiegazione istituzionale: l'incontro si propone l'obiettivo di illustrare a produttori, enologi, studenti e appassionati, le nuove tendenze del mondo enologico in termini di produzione, consumo e comunicazione, con particolare riferimento alla rivoluzione rappresentata dall'introduzione di internet nella vita di consumatori e produttori. E in più ampio spazio verrà dato alle domande e al dialogo con il pubblico, che sarà parte integrante della discussione, e spero proprio che discussione ci sia. La mattinata si concluderà con un brindisi all'interno della Cantina storica dell'Istituto.
Ma la vera notizia è che l'ideazione e l'organizzazione dell'appuntamento è la sezione trentina dell'Associazione Enologi ed Enotecnici, e che quest'istituzione di settore si occupi di nuovi media e di comunicazione di tendenza, be', è ottima cosa.

13 novembre 2010

Mezzanotte, Cenerentola e l'alcoltest

Angelo Peretti
Da stanotte, ogni notte a mezzanotte la carrozza ridiventa zucca e il ristorante deve darti l'etilometro: l'han presentata così, grosso modo. Ma non è esattamente così. Ché in realtà, se non ho capito male, è vero che d'ora in poi bar e ristoranti e insomma chiunque abbia la licenza per la somministrazione di alcolici - feste di piazza comprese - deve mettere a disposizione dei clienti un etilometro, oltre ad affiggere le complicate e dunque inutili tabelle alcolemiche all'entrata, all'uscita e all'interno del locale, ma vale solo se si chiude bottega dopo mezzanotte. Lo prevede il codice della strada.
Adesso divento burocrate, ed evidenzio che l'articolo 54 del nuovo codice dice che di quanto sopra hanno l'obbligo "i titolari e i gestori degli esercizi muniti della licenza prevista dai commi primo e secondo dell'articolo 86 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni" e che nella fattispecie ricadono anche "gli esercizi ove si svolgono, con qualsiasi modalità, spettacoli o altre forme di intrattenimento e svago, musicali o danzanti", ma anche "chiunque somministra bevande alcoliche o superalcoliche in spazi o aree pubblici ovvero nei circoli gestiti da persone fisiche, da enti o da associazioni". Tutti costoro non possono vendere alcolici fra le 3 di notte e le 6 del mattino, e in più, se continuano a tenere aperto anche dopo mezzanotte - la norma vale infatti per i titolari "che proseguano la propria attività oltre le ore 24" -, "devono avere presso almeno un'uscita del locale un apparecchio di rilevazione del tasso alcolemico, di tipo precursore chimico o elettronico, a disposizione dei clienti che desiderino verificare il proprio stato di idoneità alla guida dopo l'assunzione di alcool" e ancora "devono altresì esporre all'entrata, all'interno e all'uscita dei locali apposite tabelle".
Bene. Però c'è un però. Anzi, più d'uno. Ne cito qualcheduno, giusto per dire.
Primo: che si beva alcol liberamente fino alle 3 di notte comunque mi preoccupa. Capiamoci: dura che la coppia a cena al ristorante alle due e mezza ordini una bottiglia di Barolo. Perché a quell'ora non si cena e comunque i ristoranti sono chiusi e comunque chi ama il buon bere a quell'ora in genere è a nanna. Semmai temo si tratti di beveroni alcolici serviti a ragazzini e non certamente al ristorante, dove si beve mangiando.
Secondo: comunque, mettere a disposizione l'alcoltest non vuol dire metterlo in vista e nemmeno invitare ad usarlo. Mettere a disposizione vuol dire averlo, l'alcoltest, e basta.
Terzo: o ce l'hai o non ce l'hai, o bevi o non bevi, cosa c'entra mezzanotte? Forse che fino all'ora di Cenerentola ci si può sbronzare e poi no?
Quarto: chi mi garantisce che la macchinina è a norma ed ha ricevuto una buona, costante manutenzione?
Eppoi ne dico un'altra: e se cominciassimo ad essere seri e liberalizzassimo, come si fa in tant'altre parti d'Europa, delle licenze di trasporto serali fuori dai grandi centri urbani - anche per guidatori part time - in modo che io possa farmi portare al ristorante e poi a casa anche se vivo in campagna, senz'essere spennato e aspettare un'ora per il taxi?

I Giorni del Riesling: fra trentini e altoatesini brilla un stella pavese

Angelo Peretti
E così stavolta a vincere il concorso dei Riesling a Naturmo in pieno Südtirol, è stato un bianco trentino, mica altoatesino: accipicchia! Alla sesta edizione della competizione dei sempre più belli Riesling Tage (i Giorni del Riesling: bella formula, con visite alle cantine, concerti jazz, appuntamenti gastronomici) erano in lizza i vini - tutti rigorosamente trati da uve di riesling, ovvio - del 2009, provenienti da varie aree italiane. E ad aggiudicarsi il Riesling Gold - la medaglia d'oro, insomma - è stato il Trentino Riesling Simboli 2009 della Cantina La Vis Valle di Cembra. Al secondo posto, con la medaglia Riesling Silber, un vino della Val d'Isarco, quello Köfererhof, che aveva vinto la competizione l'anno passato e che dunque si conferma produttore d'eccellenza (e c'erano forse dubbi? adoro i loro vini da tempo). Terzi a pari merito, col Riesling Bronze, un igt della Provincia di Pavia, il Riesling Arvinà 2009 dell’azienda agricola Molinelli e il Riesling altoatesino della Val Venosta Castel Juval della tenuta Unterortl, appartenente alla famiglia Aurich.
Siccome erano fra coloro che i vini - o meglio, una parte dei vini - li hanno tastati in commissione d'assaggio, dico che dei primi quattro ho avuto la fortuna di provarne tre: me ne avvedo ora che, a premi consegnati, ai commissari hanno mandato il resoconto, disvelando i nomi che stavano dietro ai numeri della degustazione alla cieca.
Dunque, vediamo come sono usciti dal mio assaggio, leggendo le schematiche note che mi sono scritto.
Il primo classificato del concorso, il Trentino Riesling Simboli di La Vis Valle di Cembra, cantina sociale. Buon vino, certamente. I miei appunti dicono: "Varietale al naso. Bocca succosa, magari un po' verde a tratti, ma è tipicissimo e lungo". Gli ho dato 86 punti (si usava una scala centesimale), che per i miei parametri è una bella valutazione.
Poi, il secondo in graduatoria, il Riesling südtirolese di Köfererhof. Ho scritto: "Al naso sauvignoneggia forse un po' e in bocca idem, però è molto floreale ed è agrumato. Ha un'albicocca succosa. Citrino, persistente". Ero incerto fra l'assegnare un 85 o un 84, però veniva dopo un vino purtroppo infelice, che sapeva di mentolo o di eucaliptolo in maniera smodata e che non andava via, talché mi sono annotato che era difficilissimo valutare ancora bicchieri dopo quello sfortunato assaggio, per cui l'84 (o l'85, non importa) è probabilmente sottostimato. In ogni caso, bene anche Köfererhof: una costante certezza in Val d'Isarco.
Dei due vini approdati al terzo gradino del podio ne ho potuto provare uno solo: il Riesling pavese, l'Arvinà di Molinelli. Ebbene, questo l'ho avuto per due volte nel bicchiere (la formula prevede che, senza che tu lo sappia, possano farti provare più volte lo stesso vino in momenti diversi della degustazione, per verificare se ci sono scostamenti nei giudizzi) e tutt'e due le volte m'è piaciuto, e m'è piaciuto anche parecchio, se la prima volta gli ho dato un 88 e la seconda volta ancora un 88, che ho poi corretto in 87. La prima volta ho scritto: "Naso da Riesling lombardo. Bocca fressca, succosa di frutto, lunga, piacevole. Riesling 'meridionale', ma buono". La seconda ho aggiunto: "Bocca croccante, succosa, polposetta. Buono". Ebbene: se vi capitasse, provatelo, ché non è proprio niente male.
E fin qui i vini. Poi, devo dire di Naturno e dei suoi alberghi. O meglio, degli alberghi che aderiscono al format locale della Dolce Vita: una splendida manciata di quattro stelle superiori che più ancora che dei wellness center o delle spa dove goderti la carezza delle acque, sono dei luoghi votati al relax assoluto degli ospiti. E ci stai così bene che ti vien voglia di tornarci per una vacanza, e godertela proprio. Un gran bell'esempio di professionalità diffusa, che fa di Naturno uno dei posti del cuore dove passare un week end, se non qualche giorno di più: mica a caso ai primi di novembre avevano tutto strapieno. Quest'anno ho dormito al Preidlhof (e ci ho anche cenato, e bene), l'anno scorso al Feldhof, entrambi eccellenti.

12 novembre 2010

Urca: due volte al Tg1

Angelo Peretti
Questa è autopromozione pura, ma che volete farci. Gli è che fra ieri e oggi m'è capitato di stare due volte su Rai Uno, e devo dire che m'ha fatto piacere ricevere telefonate e sms da gente che m'ha visto in mezz'Italia: la magica scatolina fa sempre il suo effetto.
Devo (voglio, mi fa piacere) ringraziare Anna Scafuri, brava giornalista Rai, che m'ha fatto l'onore d'inserirmi in due servizi: ieri in quello del Tg1 delle 20.30, nel quale si parlava della dieta mediterranea, e oggi nella rubrica Terra e Sapori del Tg1, con una puntata tutta dedicata al marrone di San Zeno dop, sul monte Baldo veronese, che è casa mia.
Grazie insomma ad Anna, e per chi volesse dare un'occhiata, questo è il link all'edizione del Tg1 dell'11 novembre e invece questo è il link all'edizione del 12 novembre di Terra e Sapori.
Oh, grazie anche a Paola Giagulli per la foto.

Dal Cavalier Gino - Roma

Angelo Peretti
Vicolo Rosini è un pertugio a ridosso di piazza del Parlamento. Fate così: quando siete nella piazza, mettevi di fronte al retro dell'ingresso del Palazzo Montecitorio e guardate verso destra. Là dove la piazza finisce e si apre via di Campo Marzio, vedrete, appena di là da un negozio, l'inizio del vicolo. Sulla destra del vicoletto si apre la porta della Bottiglieria Gino, ribattezzata Dal Cavalier Gino, uno dei simboli della romanità in cucina. Imperdibile per chi frequenti la capitale. Purché ci si ricordi di prenotare, sennò l'impresa di trovar posto ritenetela quasi impossibile. E voi ricordatevi di prenotare: ne vale la pena.
I coperti, suddivisi su due salette coi tavoli molto, molto vicini l'uno all'altro (insomma, ci si deve adattare), sono appena una quarantina. L'ospitalità, l'accoglienza, la cortesia, la simpatia sono quelli che t'aspetti in un'autentica trattoria del cuore di Roma.
La cucina è spettacolarmente tradizionale. Il menù del giorno l'avrete trovato scritto su una lavagnetta fuori dall'uscio: pochi piatti, ma vale la pena. Dentro la lista ve la reciteranno: fidatevi dei consigli.
Accanto alla cassa il Cavalier Gino (l'attestato di conferimento dell'onorificenza è appeso proprio sopra alla cassa) è lì a dirigere tuttora, dopo mezzo secolo d'onoratissima carriera, l'andirivieni dei clienti e del personale.
Ho mangiato un spettacolare spaghetto alla gricia con l'aggiunta della cicoria ripassata: da applauso. Eppoi i fagioli con la cotica, altrettanto ghiotti. Mi dicono che sono da provare, quando si trovano, anche l'amatriciana, il cacio e pepe, l'abbacchio, la trippa, la coda alla vaccinara. Vedrò di riuscirci.
Vini pochi, ma non male.
Il conto: un primo, un secondo, un dessert, acqua e vino, 30 euro.
Che volete di più? Grande!
Dal Cavalier Gino - Vicolo Rosini, 4 - Roma - tel. 06 6873434

11 novembre 2010

Le Pignole, i Colli Berici e la Banca del tocai rosso

Mario Plazio
Lo so, sono esterofilo. Mi piacciono i vini stranieri (Francia e Germania in primis), la musica straniera e potrei andare ancora avanti. Spesso mi chiedono cosa hanno di più i vini francesi dei nostri (sottinteso nella domanda è il convincimento che i prodotti nostrani non abbiano nulla da invidiare agli invasori, i quali hanno il solo merito di sapersi vendere bene). Qualcuno si starà chiedendo cosa abbia a che vedere tutto questo con il tai rosso del titolo. Ci arrivo tra un attimo.
La questione è che ad esempio in Francia le denominazioni hanno un senso preciso, una storia ultrasecolare che nessuno si sognerebbe di rimettere in discussione. Nemmeno per un istante il più iconoclasta dei produttori penserebbe di piantare syrah a Bordeaux o riesling in Borgogna. Da quelle parti si è deciso mille anni fa che andava piantata quell'uva. Punto.
Da noi stiamo ancora discutendo di questa e quell'uva, aggiungendo un 10% di qua, un 5% di là e così via. E magari imbrogliando, ché tanto il consumatore non merita rispetto.
I grandi vini e i grandi territori nascono da idee precise e condivise, e difficilmente da pasticci burocratici.
Tutto questo cappello per parlare di un progetto coraggioso ed ambizioso presentato nei giorni scorsi dalla azienda Le Pignole a Brendola. Dalla consapevolezza che l’identità dei Colli Berici è oggi quanto mai “sfuocata” per usare un eufemismo, nasce il progetto di puntare tutte le proprie carte su un vitigno, il tai rosso (o tocai per i nostalgici) che si vuole identificare come il più adatto alla zona di produzione, e che pare fosse qui presente già dal 1300.
Oggi il Tai soffre di una immagine non proprio brillante. La tradizione (ma quale tradizione?) lo vuole scarico, acido (o piuttosto crudo), tecnico e impersonale, e lo abbina al baccalà alla vicentina. Il progetto Banca del tai rosso parte dalla constatazione che con lo stesso vitigno vengono ottenute etichette di assoluto prestigio in Francia, Spagna e nella nostra Sardegna. Trattasi infatti dell’uva grenache o cannonau. Certo i terroir sono diversi e difficilmente i vini sono replicabili. Si è partiti dal recupero di tre vecchi cloni di alta qualità, ai quali sono state aggiunte tre selezioni dall’Istituto per la viticoltura di Conegliano. Lo scopo è di diversificare il patrimonio ampelografico e di salvaguardarlo per la riproduzione, e successivamente di identificare le piante più adatte ad ottenere un grande vino di territorio.
Le sei selezioni sono state innestate nella primavera del 2008. Purtroppo le tre provenienti da Conegliano non hanno attecchito, e quindi è stato possibile solamente vinificare quelle di provenienza locale nella vendemmia 2009. Questi di seguito sono gli esiti della degustazione.
Clone Brendola – provenienza azienda Le Pignole. Vinoso, spezie e piccoli frutti, poi tabacco e nota vegetale. Bocca gradevole, forse un po’ semplice, rotondo e ancora vegetale, con tannini che dominano la prima parte. Sensazione di alcolicità che prevale sul frutto nel finale, che per questo non è il più elegante. A mio avviso il meno interessante.
Clone Barbarano – provenienza azienda Padrin. Naso più variegato ed intrigante. Inizialmente note di carne, erbe e minerale. Palato elegante e slanciato, perde in potenza per guadagnare in finezza. Floreale e ciliegia, tannicità spontanea e minore impatto alcolico. Intrigante e di maggiore potenzialità.
Clone Toara – provenienza azienda Piovene Porto Godi. Colore meno intenso dei tre. Al naso spezia, incenso, frutto e col tempo fiori e ferro. Evolve positivamente nel bicchiere. Bocca austera, forse il finale è meno continuo del precedente, ma senbra avere forza per migliorare nel tempo. Bei tannini. Contende la palma al campione numero 2.
È poi seguita una degustazione verticale di tutte le annate di Torengo, il Tai Rosso di punta della casa. Ricordiamo che è un Igt.
2008. Naso da caramella e gomma americana, inizialmente lascia alquanto perplessi. Col tempo fortunatamente si ripulisce anche se rimane la percezione del legno. Abbastanza fresco e gradevole.
Un faccino e mezzo :-)
2007. La migliore versione a mio avviso. Chiuso e minerale ha bisogno di tempo per concedersi. In bocca preme di meno e quindi è più libero di esprimersi. Bella eleganza è anche floreale ed armonico.
Due faccini + :-) :-)
2006. Inizialmente è pervaso da un legno troppo insistente, che con i minuti se ne va, anche se non completamente. Diviso tra toni caldi di spezie e cacao, e sentori più vivaci di agrumi e menta. E mi sembra che non riesca a chiarire da che parte sta, anche se rimane di piacevole beva.
Due faccini - :-) :-)
2005. Decisamente viscerale. Tartufo e formaggio di fossa, accanto a strane note di miele, forse da legno. In bocca è meno di impatto da come lo aspetti, finisce sul cacao, la resina e il legno. La materia manca di consistenza e di concentrazione.
Un faccino + :-)
2004. Prima annata prodotta. Molto evoluto, caffè e legno in evidenza. Bocca in linea e piuttosto fluida. È monodimensionale e manca di eleganza.
mezzo faccino
Tornando al discorso iniziale, devo da un lato lodare la pregevole iniziativa e la grande forza di volontà della famiglia Padrin, che ha iniziato un percorso difficile e di lunga prospettiva. Dall’altro, anche alla luce dei campioni assaggiati, mi chiedo se c’è una identità per il tai rosso nei Colli Berici. I tre cloni presentati infatti hanno caratteristiche talmente diverse che ho difficoltà a capire se da questo si può ricavare un identikit preciso per un vino che si vuole di territorio. E a questo punto mi ricollego a quanto affermato più sopra: è possibile ricreare quel legame indissolubile tra il terreno, il vitigno e l’uomo che è il solo garante di grandezza dei vini dei migliori terroir del mondo? Non ne sono certo, o almeno ad oggi non è chiaro se lo possa essere per il tai rosso e i Colli Berici. E non è chiara l'identità che dovrebbe avere in futuro il vino, diviso tra versioni più potenti, ma forse più omologate, e interpretazioni più fini ed a mio avviso più interessanti ed originali. È chiaro da che parte sto io. Nel frattempo attendo le sei micro vinificazioni del millesimo 2010 per procedere verso ulteriori riflessioni. E ringrazio il coraggio dell’azienda Le Pignole che ha intrapreso in solitario un cammino in salita, ma inevitabile. Sperando che altri ne seguano l’esempio.

10 novembre 2010

Saranno anche velleitari, ma a Bordeaux ci provano a uscire dalla crisi

Angelo Peretti
Ragazzi, se è dura: c'è un sacco - ma proprio un sacco - di vino invenduto nelle cantine di tutt'il mondo, e i prezzi vanno giù a picco. Si salvano in pochi. E quel che è più grave è che si vedono pochissimi progetti - pochissime idee - su come venirne fuori.
I francesi del Bordeaux ci stanno provando. Perché mica gli vanno bene le cose neanche a loro. Vero che i listini dei cru più importanti sono schizzati alle stelle con l'annata 2009, salita a prezzi mai visti prima, sull'onda dell'ossessivo interesse dei neo-ricchi cinesi per gli status symbol. Ma è un'euforia che arricchisce solo poche decine di marchi bordolesi affermati. Per il resto, soprattutto per il Bordeaux generico, ma anche per gli chateau poco noti, son grattacapi mica da ridere. Al punto che in Francia c'è chi teme che l'industria del vino bordolese, che dà lavoro a più di 50mila persone, possa andare in crisi.
Però - ho detto - là ci si prova, a venirne fuori. E il Conseil Interprofessionnel du Vin de Bordeaux (Civb) ha lanciato un'ambiziosa strategia che ha chiamato con un titolo quasi cinematografico: "Bordeaux Domani. La Riconquista". Ne leggo sul numero di ottobre di Wine Spectator, in un articolo di Suzanne Mustacich.
I bordolesi si son dati l'obiettivo di aumentare i ricavi del 28 per cento entro il 2018: non a caso ho scritto che sono ambiziosi (d'altra parte, 'sti francesi...). Per arrivarci, hanno studiato una campagna di marketing che dovrebbe far leva sull'offerta di vini dal forte rapporto qualità-prezzo. Buona qualità e prezzo contenuto: la quadratura del cerchio.
Hanno pensato a una serie di etichette - o più probabilmente di marchietti, di slogan, di qualcosa di simile - molto consumer-friendly, dividendo la produzione in quattro categorie: i vini dell'Arte, quelli dell'Esplorazione, quelli Divertenti e quelli Base, in ordine decrescente di prezzo (più altini quelli dell'Arte, ovviamente più bassi quelli Base). L'obiettivo è d'aumentare gradualmente il peso delle prime tre categorie, dai prezzi progressivamente crescenti, riducendo invece la produzione dei Base, che viaggiano su una media intorno ai 2 euro appena sullo scaffale.
Per fare meno vino Base ci sono tre soluzioni: la prima è migliorare la qualità, per chi è in grado d'arrivarci, la seconda è spostare la produzione su altri tipi di vino, la terza è cavare le vigne. Direte: facile a dirsi, ma mica a farsi. Vero. E vediamo dunque come pensano di uscirne.
Il progetto - dicevo - pare che ipotizzi tre modalità d'intervento per arrivarci.
La prima è destinata a chi ha le potenzialità per fare meglio: per loro si dovrebbe mettere in campo una squadra di consulenti, di esperti, che li assista e li aiuti almeno a passare dalla categoria Base a quella Divertente (che dovrebbe spuntare un prezzo medio sullo scaffale grosso modo fra i 2 euro e mezzo e i 7 e mezzo).
Poi, si pensa di spostare una parte della produzione verso i rosé, o almeno verso vini rossi "varietali", ma fuori dall'appellation del Bordeaux (insomma: vini da tavola a base di cabrnet sauvignon o di merlot).
Per chi proprio non ce la può fare a produrre meglio (o non vuol farcela, pur potendo), si pensa all'estirpazione, e il sistema di convincimento potrebbe essere - come dire - indiretto: un piano di controlli piuttosto serrato e per nulla permissivo.
Ce la faranno? E chi lo sa? "Ci sono in giro un sacco di scettici su questa faccenda" commenta Suzanne Mustacich chiudendo il suo pezzo. E temo di dovermi unire alla platea degli scettici. Però a Bordeaux almeno ci si provano a mettere insieme un progetto, e su questo hanno il mio plauso, che non credo li consolerà granché, ma che comunque - per quel che conto - gli tributo. Magari il loro piano sarà anche velleitario, ma altrove si sta lì ad aspettare Godot, che generalmente non passa, nossignori.

9 novembre 2010

Restyling

Tempo di restyling per InternetGourmet.
Abbiamo aggiornato il layout grafico del nostro web magazine, e magari qualcosina ancora ritoccheremo nei prossimi giorni: speriamo che la nuova versione possa piacervi.
L'inserimento di una seconda colonna laterale dovrebbe (almeno questa sarebbe la nostra intenzione) agevolare un po' di più il reperimento delle varie informazioni.
Così pure, la nuova configurazione dei vari post dovrebbe favorire maggiormente la lettura.
Incrociamo le dita...

11 novembre: rossi coup de coeur della guida Hachette a San Zeno di Montagna (Verona)

Giovedì 11 novembre 2010, alle ore 20.15, presso la Taverna Kus di San Zeno di Montagna (Verona), Slow Food del Monte Baldo e InternetGourmet organizzano una degustazione di vini francesi premiati con il coup de coeur da parte della guida Hachette.
La quota di partecipazione, comprensiva della piccola cena, è di euro 50 per persona.
I vini in degustazione sono i seguenti:
Coteaux du Tricastin aoc Emotion 2007 Domaine de Montine (50% grenache - 50% syrah)
Côtes du Rhône aoc Les Champauvins 2008 Domaine Grand Veneur (70% grenache - 20% syrah - 10% mourvèdre)
Morgon aoc 2009 Chateau de Pizay (100% gamay)
Collines Rhôdaniennes vdp Les Garennes 2009 Francois Villard (100% merlot)
Saint-Emilion aoc Haut-Renaissance 2007 Denis Barraud (100% merlot)
Principauté d'Orange vdp Terre de Bussiere 2007 Domaine de la Janasse (55% merlot - 25% syrah - 10% grenache - 10% cabernet-sauvignon).
Prenotazioni al numero 045 7285667.
Posti disponibili: 12.

Valpolicella Superiore Campotorbian 2001 Provolo

Mario Plazio
Lo ribadisco. A dispetto delle tendenze, del mercato, dei produttori, dei consorzi, degli assessori e di chi volete voi, non amo il Valpolicella ripasso. Dal punto di vista concettuale è una scorciatoia per ottenere in cantina quello che non si è voluto o saputo ottenere in vigna.
Non sono però miope (anche se porto le lenti a contatto) e capisco che il mondo va diversamente. Detto questo, parliamo per l’appunto di un ripasso che non mi è dispiaciuto, pur con tutte le premesse di cui sopra.
È inizialmente interessante per le note floreali e ferrose (fegato). Piuttosto viscerale.
In bocca si fa piacere, anche se, coerentemente con la tipologia produttiva, non è coerente. È insieme caldo e morbido, vorrebbe essere più elegante ma non ci riesce completamente. Probabilmente è bloccato proprio da questo dibattersi tra un vino fresco e uno da appassimento, e non riesce ad essere né uno, né l’altro. Coi minuti diventa abbastanza monocorde e ricorda il caffè e l’orzo.
Un faccino + :-)