26 aprile 2008

Bordeaux 2005: sarà vera gloria?

Angelo Peretti
La copertina del numero di marzo di Wine Spectator non lasciava dubbi: l’annata 2005 a Bordeaux si piazza fra le più grandi da quella, leggendaria, del 1961. Valutazione del millesimo: 99 centesimi. Come il 2000 e, appunto, il ’61. E in più, ben otto vini bordolesi del 2005 - sette rossi e un bianco - hanno ottenuto il punteggio della perfezione: 100 centessimi. Roba da brividi.
Sono un migliaio i Bordeaux del 2005 che il magazine americano ha recensito. E son parecchi quelli che si sono piazzati oltre la soglia dell’eccellenza: da 90 centesimi in su. La curiosità mi si è fatta avanti. E allora mi son detto: «Perché non provare»? Mi son dunque messo su internet e n’ho comprati una decina di quei 90+, scegliendo fra quelli che avessero un prezzo, come dire, «umano» (le quotazioni del 2005 sono incredibilmente schizzate in alto). E li ho assaggiati insieme a un gruppetto di produttori e d’amici in una serata alla Taverna Kus, a San Zeno di Montagna.
La domanda è: «È - sarà - vera gloria?» Non so rispondere. Nel senso che, sì, la diecina che abbiamo tastato era davvero buona. E qualcheduna fra quelle bottiglie era proprio da applauso, e non posso che consigliarne vivamente l’acquisto. E c’è frutto nitido e freschezza che mantiene vitalità, com’è nello stile di Bordeaux. Ma, vuoi per i cambiamenti climatici, vuoi per le nuove pratiche di vigna e di cantina, ci ho trovato più alcol, più concentrazione rispetto ai miei amati rossi bordolesi degli anni Ottanta. E dunque non so che dire: reggeranno il tempo anche questi figli del 2005? O sarà meglio goderseli nella prossima decina d’anni?
Ah, saperlo...
Intanto, ecco com’è andata coi nostri assaggi.
Avvertenze. L’ordine d’esposizione è quello di servizio, non di valore. Di ciascun vino indico il prezzo che ho pagato on line. Fornisco poi il punteggio centesimale di Wine Spectator, l’indice medio di piacevolezza - in decimi - scaturito dal mio gruppo d’assaggio (e che non sempre collima - vedrete - con la mia personale valutazione), e infine il mio giudizio, sempre di piacevolezza, in faccini (che son massimo tre).
Bordeaux Superieur 05 Domaine de Courteillac
Oh, che bel nasino! Frutto rosso, tanto tanto. E un po' di eucalipto, appena appena. E in bocca tanta polpa e anche però freschezza che dà slancio al frutto. E succosità. Il mirtillo è fantastico. E non ti accorgi che fa quattordici gradi di alcol! Da bere subito e in due-tre anni: alla fin fine, è «solo» un Bordeaux Superieur!
Prezzo: 12,90 euro
Wine Spectator 90/100
Indice di piacevolezza medio: 8,167
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
Haut-Médoc 05 Chateau Cantemerle
Ciomp ciomp: il frutto in bocca si mastica proprio. Il naso, è vero, ha un po' di rovere ancora presente (e a qualcheduno può dare un po’ fastidio, adesso), ma sotto c'è il suo bel fruttato - eccome! - e una spezia pepata ben delineata. E al palato, dicevo, il frutto ti si piazza lì e lo mastichi a lungo e non sembra voler più andare via, con lunghezza spettacolare.
Prezzo: 30,00 euro
Wine Spectator: 90/100
Indice di piacevolezza medio: 7,833
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
Haut-Médoc 05 Chateau Sénéjac
Qui il rovere è un po' più presente in bocca (ma al naso lo senti appena appena). E dunque chiude un po' il frutto. Ma frutto ce n'è parecchio, surmaturo. Giovane, giovane, giovane.
Prezzo: 26,40 euro
Wine Spectator: 90/100
Indice di piacevolezza medio: 7,833
Un faccino :-)
Margaux 05 Chateau Labegorce
Il naso immediatamente non pare magari così pulitissimo, un po' cipriosetto, ma la bocca ha una bel mix di frutto e di tannino. La trama, la tessitura è avvincente. E il fruttino rosso vi si dipana sopra con bella lunghezza. Ha carattere. E il frutto si apre piano piano. Con lentezza.
Prezzo: 22,80 euro
Wine Spectator: 90/100
Indice di piacevolezza medio: 9,083
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Margaux 05 Chateau Siran
Urca, che buono ‘sto rosso! Bel naso, bellissimo anzi: frutto e erbe officinali, balsamiche. E la bocca è succosa, fresca, slanciata. E il frutto si distende, bevibile e gioioso. Tannini, come dire, perfetti: non invadono eppure sostengono alla grande il frutto. E c'è lunghezza rinfrescante, appagante. Wow!
Prezzo: 31,20 euro
Wine Spectator: 91/100
Indice di piacevolezza medio: 9,458
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Moulis en Médoc 05 Chateau Chasse-Spleen
Il naso sembra quasi un po' piccolino, il futto è un po' chiuso, ma ecco che appena fa ingresso in bocca, il vino esce in tutta la sua succosa piacevolezza. Il tannino magari è un po' ruvido, ma offre supporto, sostegno al frutto, che è ben saldo, e lungo. E pian piano viene fuori la nettarina, perfino. Vino che potrebbe evolvere molto, molto bene.
Prezzo: 33,40 euro
Wine Spectator: 90/100
Indice di piacevolezza medio: 8,458
Due lieti faccini :-) :-)
Pauillac 05 Chateau Haut-Bages Libéral
Naso intrigantissimo, tra il frutto supermaturo e la terra bagnata e il sigaro. Fantastico! In bocca c'è la carne, succosa, sanguigna. Ed è denso. E potente. Ed è avvolgente col suo bellissimo tannino. Grande vino. Ha tanto di tutto, ed equilibrio assoluto. Ed eleganza. E non finisce più. Da stracomprare. Da strabere.
Prezzo: 31,20 euro
Wine Spectator: 93/100
Indice di piacevolezza medio: 8,833
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
Pauillac 05 Chateau Haut-Batailley
Il naso è un po'ì più chiuso dell'altro Pauillac, ma sotto c'è bel frutto. E il frutto emerge infatti in bocca. Ma il rovere e l'alcol sembrano un po' sopra le righe. E comunque ha lunghezza avvincente.
Prezzo: 31,20 euro
Wine Spectator: 93/100
Indice di piacevolezza medio: 8,417
Due lieti faccini :-) :-)
Saint-Emilion Grand Cru 05 Chateau Corbin
Oh, che bel frutto al naso. Fruttino rosso surmaturo. E in bocca c'è bel frutto, ma è anche tantio caldo, e un po' aggressivo sulla nota alcolica (e dichiara infatti in etichetta 14 gradi). Il che comprime un pochetto la lunghezza. Non è il mio vinom e sì che io sono un fan di Saint-Emilion (quelli vecchi).
Prezzo: 26,00 euro
Wine Spectator: 92/100
Indice di piacevolezza medio: 8,250
Un faccino :-)
Saint-Emilion Grand Cru 05 Chateau Fombrauge
Ma dove son finiti i miei amati Saint-Emilion della finezza? Qui è tutto muscolo! Il naso ha fruttone. E la bocca anche. E l'alcol picchia (14,5 gradi), ma l'acidità tiene il vino in buon equilibrio l'assieme. Il rovere è parecchio anche lui. Sarà effetto del clima o della moda americaneggiante?
Prezzo: 27,40 euro
Wine Spectator: 93/100
Indice di piacevolezza medio: 8,500
Un faccino :-)
Saint-Julien 05 Chateau Gloria
Bel frutto al naso, denso, tanto. E in bocca il frutto si fonde con la nota balsamica, quasi iodata, marina. Il rovere è abbastanza evidente ancora, ma il tannino è bene espresso, e dunque lasciamogli tempo, in cantina. Si farà con gli anni, sissignori, mi sento di scommetterci.
Prezzo: 34,80 euro
Wine Spectator: 92/100
Indice di piacevolezza medio: 8,958
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)

13 aprile 2008

Niente da capire: il Brunello, il Prosecco e la faccenda dei vini di vitigno

Angelo Peretti
Delle tre l’una: o non ci capisco nulla io, il che è anche possibile, o c’è qualcheduno che s’impunta a non capire, oppure più semplicemente, per dirla con una delle prime canzoni di Francesco De Gregori, «non c’è niente da capire».
La faccenda che personalmente non capisco è questa qui: perché noi italiani c’intestardiamo a difendere l’indifendibile, continuando a puntar tutto sui vini di vitigno, anziché su quelli di territorio? Quasi che la storia del tocai non ci abbia insegnato nulla. Senza il quasi.
Rammento in breve e solo per i più distratti: gli ungheresi han preteso che gl’italiani e i francesi la smettessero di chiamar Tocai o Tokay i loro vini, perché dalle loro parti c’è una cittadina che si chiama Tokaj, dove si fa vin dolce (buono, a volte da andar fuori di testa). L’Unione europea ha dato ragione all’Ungheria, ché il nome del luogo prevale su quello del vitigno. Stop.
Ora, in qualche maniera di faccende simili s’è occupato nei giorni del Vinitaly il Corriere Vinicolo, settimanale che non sfogliavo da secoli, credo. Con due articoli in contemporanea. Il primo: «Brunello di Sonoma, insorge Montalcino». Il secondo, con strillo in copertina: «Prosecco: un vino e un nome da difendere», a firma nientepopodimeno che di Gianni Zonin.
Opps! Prima di andare avanti, devo fare una precisazione: di solito uso scrivere il nome con la maiuscola quando parlo del vino e con la minuscola quando dico del vitigno. Il che è necessario per capire un po’ meglio quello che scriverò dopo.
Cominciamo con la faccenda del Brunello (maiuscola: dunque è il vino), che non ha nulla a che vedere con le polemiche e le liti scoppiate in quest’ultime settimane circa l’uso improprio di vitigni forestieri nella produzione del celebre vino ilcinese, che invece dovrebb’essere fatto solo e soltanto coll’uva di brunello (vitigno, e dunque con la minuscola).
La storia è questa: un produttore americano - d’italiche origini - s’è messo a fare in California (Usa) un vino che ha chiamato Brunello di Sonoma. E Sonoma, per chi non lo sapesse, è la contea dove ha impiantato vigna e azienda, la quale azienda ha nome toscaneggiante: Poggio alla Pietra. Ora, che questo tale - Lorenzo Patroni si chiama - sia stato magari un po’ furbacchiotto, lo si può anche pensare. Ma dargli torto sul fatto che possa chiamar Brunello il suo vino, francamente credo sia difficile, checché ne dica il consorzio di Montalcino, che ha gridato allo scandalo. Non glielo si può negare, il diritto, semplicemente perché brunello è il nome di un’uva. E la biodiversità non è brevettabile (almeno per ora, ma occorre star prudenti, ahinoi, con tutte queste oscure faccende degli ogm, leggasi organismi geneticamente modificati). Dunque, non se ne può pretendere l’esclusiva, com’è invece possibile per i nomi geografici.
Auguro tanta fortuna a quelli di Montalcino nella loro opposizione all’avventura californiana del sor Petroni. Ma onestamente dire che il brunello è si un’uva, ma non è mica proprio l’uva giusta quella che adoperano in California, be’, mi par quasi un arrampicarsi sugli specchi. «L’avessimo chiamato Montalcino - dice al Corriere Vinicolo il direttore del Consorzio - non avremmo avuto di questi problemi». Sissignori: l’aveste chiamato semplicemente Montalcino... E invece no, testardi, come tant’altri italiani: Brunello di Montalcino. E dagli con ‘sto nome di vitigno davanti a quello del luogo d’origine.
Ora, gli è che da qualche tempo sta vivendo pesanti pressioni concorrenziali anche il Prosecco, che ha più tentativi d’imitazione di quelli collezionati dalla Settimana Enigmistica. Ed anche qui è dura difendersi: prosecco è un’uva, come puoi impedire agli altri di adoperarla liberamente? Ma si dà il caso che nella Venezia Giulia, dalle parti di Trieste, ci sia un paesino che si chiama Prosecco. E allora ecco la proposta di Zonin: portiamo l’area del prosecco (vitigno) sino a Prosecco (paese), mettiamoci a fare un Prosecco doc (vino) che sia veneto-friulano e così nessuno fuori dai sacri confini potrà più aver la pretesa di parlar di Prosecco (vino). «Ecco allora - scrive Zonin - cosa dovremmo fare: istituire la Doc Prosecco (località) allargando la zona di produzione a tutte le zone comprese in una qualche Doc del Friuli Venezia Giulia e del Veneto e riservare la Docg all’attuale Doc di Conegliano Valdobbiadene, essendo una zona di pregio».
Dal punto di vista prettamente teorico, la pensata, magari con qualche aiutino burocratico & politico, potrebbe anche starci: se il legislatore europeo tutela il nome della località, il gioco è fatto (si fa per dire: è tutta da vedere...). Ma dal punto di vista della sostanza, be’, permettete che sollevi qualche dubbio? Mi pare, che dire, una furbata anche questa. Al servizio dell’industria, del mercato di massa (che per me comunque non sono certo un tabù).
Il problema è che se andasse in porto quest’allargamento dell’area prosecchista, ci potrebb’essere un fiume, un mare, un oceano di «nuovo» Prosecco fatto tra Veneto e Venezia Giulia. E chi garantisce che questa fiumana abbia poi qualità assicurata? Non è che per evitare che gli altri facciano prosecchini da quattro soldi poi ci mettiamo a farli noi con una doc così vasta da non garantire un bel niente? In bocca al lupo al «nuovo» Prosecco (vino) fatto fino a Prosecco (paese), se mai si farà.
Resta il fatto che i nodi sono arrivati al pettine, e l’impuntatura tipicamente italiana di mettere in primo piano il nome del vitigno si sta rivelando autodistruttiva. Un suicidio. Eppure ancora c’è chi insiste a far nuove doc puntando tutto sul vitigno...
Vabbé, tanto non ci capisco niente. O forse non c’è niente da capire.

5 aprile 2008

Do you know cococciòla?

Angelo Peretti
Di questi giorni su giornali stampati e schermate on line son fioccate notizie e recensioni e opinioni sull’ultimo Vinitaly. E dunque eccomi anch’io al rituale appuntamento. E come l’anno passato, quando parlai d’una interessante verticale di Montepulciano, eccomi a trattare dei vini d’Abruzzo. Di bianco, stavolta. E non è trebbiano.
Gli è che al collega Massimo Di Cintio – che è giornalista in gamba davvero - ho domandato qualche informazione sugli autoctoni bianchisti abruzzesi. E m’ha parlato di cert’uve che ho voluto un attimo avvicinare nel bicchiere. Partendo da quella dal nome forse più simpatico: la cococciòla. Che – leggo sulla praticissima Enciclopedia del Vino edita da Boroli – è buona sia per la vinificazione, sia per «il consumo diretto»: sta in tavola, insomma.
Ora, quell’uva non l’ho mai vista. Ma il vino – e se non è l’unico che se ne fa, credo poco ci manchi – l’ho provato, e l’ho trovato accattivante. E insieme ho tastato un gotto di montònico, di passerina e di pecorino, che non è mica – in questo caso – un formaggio, bensì un vitigno bianchista pur esso.
Ed ecco qui sotto le mie impressioni. In ordine di apparizione nel bicchiere.
Colline Teatine Brado 2007 Valle Martello
Villamagna sta in provincia di Chieti. È lì che Katia Masci e i suoi cugini vinificano la cococciòla. Per farci un bianco dell’igt delle Colline Teatine.
Il vitigno mi dicono ch’è quasi indomabile, prosperosissimo, e se non gli stai dietro a tagliare e diradare, produce uva assai. Ed ha acidità in rilievo, pure selvaticamente. Ed è per questo che il vino l’ha voluto chiamare Brado, per il suo esser selvaggio.
Ora, in bottiglia da un mese appena, e alla quarta vendemmia imbottigliata (giacché la prima fu il 2003, dopo aver sperimentato dal 2000), eccoci con un bianco molto, molto verde. Vegetale, intendo, erbaceo. Con cenni netti di pampino di vigna. E perfino di foglia di pomodoro. Direi sauvignoneggiante a tratti. E mi piace quest’esplosione vegetale. La bocca poi l’ho trovata corrispondente. E salina, nervosa. Ma anche bene asciutta nel finale. Capisco che sia diventato il vino di punta dell’azienda. In loco lo comprate sui 5 euro, e sono in tutto ottomila bottiglie.
Due lieti faccini :-) :-)
Colli Aprutini Montonico Santapupa 2006 La Quercia
Azienda teramana, La Quercia vinifica il montònico, vitigno antico e poi quasi scomparso, e poi ritrovato. Ha patria d’elezione – mi si dice allo stand – dalle parti di Bisenti, e ne prendo nota, anche se poi leggo sull’Enciclopedia già citata che invero si coltiva, pur in estensione limitata, «in quasi tutte le regioni centrali e meridionali».
Il vino, un igt, l’ho trovato ancora chiuso. Rustico, di corpo non enorme, anzi, leggerino. Mi si dice in azienda che si fa amare per la sua facilità di beva: ha poi solo 11 gradi e mezzo d’alcol. Chi volesse provarlo, lo paga, in zona, attorno agli 8 euro e mezzo.
Niente faccino: giudizio sospeso, ché forse l’ho tastato troppo giovine ancora.
Colli Pescaresi Pecorino 2007 Contesa
Contesa è l’azienda di Rocco Pasetti, a Collecorvino, nel Pescarese. Non conosco il produttore, ma m’erano arrivate ottime referenze sul suo bianco fatto coll’uva di pecorino. E quell’informazioni mi si son rivelate esatte.
Ha, il vino, naso bellissimo, di pesca bianca e gialla insieme. Fruttatissimo. E poi, sotto, leggerissime memorie quasi di miele d’acacia. Oh, sì sì: una prova davvero accattivante, all’olfatto. E poi, in bocca, eccolo presentarsi, questo bianco, polposo e pieno. Ed ha corpo: 13 gradi d’alcol. Eppure c’è freschezza e buona lunghezza. Ed è giovane giovane (in bottiglia da un paio di mesi): vorrei poterlo riprovare più avanti. Il prezzo? Accidenti: mi son dimenticato di domandarlo.
Intanto, due lieti faccini :-) :-)
Controguerra Passerina Passera delle Vigne 2007 Lepore
È in bottiglia, ma non ancora in commercio: uscirà, mi dice il titolare, fra un mese almeno. E mi racconta anche che la presenza della passerina nel vigneto la si deve al papà, che s’era ostinato a coltivarla anche quando era antieconomica, perché i cisternisti, lì nel Teramano - e penso un po’ ovunque in Abruzzo - volevano trebbiano e basta, e dunque pagavano ben poco gli altri bianchi. Ché quasi sembrava ti facessero un favore a prenderli. Nel ’92 la prima vinificazione in purezza, e poi sette-ott’anni per farla conoscere. Adesso la chiedono. Bene.
Il vino è interessante. Al naso, frutti gialli e bei fiori e qualche leggerissima traccia mielata. Piacevolissimo bouquet. E in bocca, ecco polpa croccante e vibrazione di nervosa freschezza, insieme. Un bel bianco, piacevole, lungo, rotondo, di buon’armonia. Lo pagherete, in cantina, sui 7 euro.
Due lieti faccini :-) :-)