26 giugno 2008

Se l’estate vuole la vivacità: Lambrusco & Co.

Angelo Peretti
Oh sì, questa è la stagione delle bolle. Degli spumanti, intendo. Con lo Champagne che spopola, alla crisi della stagnazione che impera, del petrolio alle stelle, dei mutui sempre più difficili da pagare. Il Prosecco se la cava bene, mi pare. E poi è nata la moda delle bollicine rosa. Del resto, in tempo d’estate, bere vivace è piacevole. E fra il vino vivace c’è quello frizzante. Lambrusco in primis. Ma non solo.
A questo proposito, dico che debbo alla cortesia del Consorzio Vini Reggiani l’aver potuto comodamente assaggiare una serie di bottiglie lambruschiste, cui si sono aggiunte alcune bocce della doc a me prima pressoché sconosciuta dei Colli di Scandiano e Canossa.
O meglio: la struttura consortile in questione si chiama esattamente Consorzio per la promozione del marchio storico dei vini reggiani, è nato nel 2000 e rappresenta 29 cantine (il 96 per cento della produzione) delle doc Reggiano e Colli di Scandiano e di Canossa.
Dentro la prima denominazione, quella del Reggiano, si son fatte nel 2007 nove milioni di bottiglie. Nell’altra, un milione e seicentomila bocce.
Fin qui i numeri.
Ora, vi dirò che di tanto in tanto non disdegno, soprattutto in stagione calda, di stappare un Lambrusco. Va da sé che l’ideale sarebbe mettersi a tavola nella zona di produzione, con quei mangiari grassocci che fan da quelle parti e che sembrano fatti apposta per chiamare a gran voce la compagnia dei vini mossi che nascono sulla stessa terra. Ma non mi dispiace metterci un rosso mosso anche con la grigliata: costine, braciole, salametti, wurstel.
Eppoi c’è il vantaggio del prezzo: costano poco poco.
Detto questo, aggiungo che di vini reggiani con le bollicine n’ho tastati quasi una trentina, tra rossi e bianchi, secci e dolci e aromatici. E qui di sotto scrivo di quelli che più m’hanno interessato. E siccome questi tasting mi piace farli in compagnia, avevo con me altri cinque o sei compagni di bevuta, e dunque qui di sotto il giudizio sarà il mio in faccini, ancora il mio in centesimi e poi, sempre in forma centesimale, quello medio del team, in modo da vedere gli scostamenti fra il mio parere e l’altrui.
Eccoci qui.
Reggiano Lambrusco Piazza San Prospero Ca' de' Medici
A me è piaciuto parecchio. Tratto da uve si lambrusco salamino, Maestri e Montericco in parti uguali (così dice la scheda), propone al naso il fruttino rosso (nero). Magari, ecco, all’olfatto non appare così pulitissimo, nel senso che t’aspetteresti slancio ancora maggiore, ma la bocca è davvero buona. Al palato dà soddisfazione: fruttino ancora tanto, e toni di prugna e sapidità e carbonica quasi cremosa. Leggera pepatura. Vene floreali escono con gradualità. Si beve a brente, a secchiate.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-)
83/100 – voto medio 78,125
Reggiano Lambrusco Secco Assolo Medici
Fa tanti bei vini la cantina Medici: si va a botta sicura, e lo dimostrano questa scheda ed altre che seguono. Fra i vini tastati, l’Assolo è quello che più m’ha intrigato. Prevalentemente a base della varietà del lambrusco salamino. Ha naso proprio – come dire - da Lambrusco. Tipico. Un pelino aggressivo magari, rusticheggiante, ma anche quella può essere tipicità. Toni da mora abbastanza accentuati e da prugna, un pochetto, direi. Sottile vena floreale. Bocca fruttata, sapida, anche morbida, con la carbonica espressa, ma non aggressiva. Finale morbidamente disteso su toni di fruttino maturo. Buona persistenza. Si beve volentieri.
Due lieti faccini :-) :-)
79/100 – voto medio 78,375
Reggiano Lambrusco Concerto Medici
Il Concerto è un Reggiano famoso. Giustamente, ché si beve bene. Fatto tutto coll’uve di salamino. Ha naso un pochettino vinoso. Toni leggeri di fruttino, di caramella alla mora, di prugna stramatura. In bocca c'è, insieme, sapidità e concentrazione. Tannino piuttosto evidente. Buona lunghezza sul tono di mora matura, persistenza quasi inaspettata. Ha, nel suo genere, polso e polpa.
Due lieti faccini :-) :-)
77/100 – voto medio 75,875
Reggiano Lambrusco Vigna di Tedola Reggiana
Leggo che all’azienda agricola Reggiana questo vino lo fanno con uve dei lambruschi Marani e Maestri e col malbo gentile, raccolta nella vigna di Tedola. Una sorta di cru, insomma. Ha, il vino, naso tipico, lambruschista. Vene pepate sotto alla mora. E bocca tannica, quasi aggressiva. Ma sotto c'è mora, parecchia, e accenno di prugna molto matura, e ancora nota speziata, di pepe nero. Discreta persistenza. Buona polpa, apprezzabile densità.
Un faccino :-)
76/100 – voto medio 75,875
Reggiano Lambrusco Secco Quercioli Medici
Et voilà, terzo vino targato Medici. Salamino e Marani sono le due varietà d’uva lambrusca impiegate. Naso tra il piccolo frutto e il fiore, la violetta. Bocca un po’ dolcetta, con toni di violetta piuttosto accesi. Più floreale che fruttato. Ma è una florealità un po' rustica, epperò anche abbastanza accattivante. Sotto, la vena dolce è piuttosto palese, e questo magari è un limite. Ma con la cucina della sua terra dovrebbe starci parecchio bene.
Un faccino :-)
76/100 – voto medio 74,500
Colli di Scandiano e Canossa Malvasia Brut Medici
Che strano questo bianco frizzante. Aromatico. Ha naso citrino, agrumato, con note tropicaleggianti di ananas e papaja. Bocca in perfetta corrispondenza. Fatica magari un po’ a distendersi, ma l'aromaticità è piacevole. Semplice, leggerino, ma da aperitivo estivo ci può stare. Col prosciutto e melone.
Un faccino :-)
74/100 – voto medio 73,250
Colli di Scandiano e Canossa Malvasia Dolce Medici
La versione dolce della Malvasia. Naso aromatico, note di pera williams, di frutta tropicale. Tracce floreali, fior d'arancio. La bocca è in perfetta continuità. Vino semplice e piacevole assieme.
Un faccino :-)
74/100 – voto medio 71,750

Il parere contenuto in questa segnalazione è rapportato alla tipologia di vino e poggia in primis sulla piacevolezza che la bottiglia ha saputo trasmettere.
Il giudizio è dato in faccini stile sms.
- un faccino è per un vino di corretta e comunque piacevole beva
- due faccini per un vino di bel piacere
- tre faccini per i vini appaganti, le punte massime delle rispettive tipologie.

8 giugno 2008

Quei Chianti così poco Chianti, così tanto Rùfina

Angelo Peretti
Confesso che della Rùfina (accento sulla u) e del suo Chianti sapevo e continuo a saper pochetto, anche se adesso ho avuto la possibilità di farci una bella full immersion. Non geografica, ahimè, ché non ho potuto andare in loco, ma enoica. Ma n’ho assaggiato un bel po’ di vini, una trentina abbondante. E n’ho bevuti, anche, visto che alcuni poi me li son molto volentieri portato in tavola.
Sapevo, certo, ch’è una delle sottozone della denominazione garantita del Chianti. N’avevo talvolta sbevacchiato qualcheduno dei (pochi, pochissimi) famosi. Ma niente di più. Senonché una certa curiosità m’era venuta leggendo Francesco Falcone sulla’Enogea d’ottobre-novembre di Alessandro Masnaghetti, ch’esordiva così: «Ho trascorso una settimana in un Chianti diverso e mi sono divertito. È la Rufina, qualcuno magari non la conosce, ma forse varrà la pena che si sforzi. “Integrata” senza volerlo nel grande carrozzone chiantigiano, da anni si nasconde dietro un marchio comune che significa sopravvivenza. Ma la sua storia è forte e meriterebbe una dignitosa autonomia. Allo stesso tempo, di quel carrozzone è il simbolo più autorevole: complesso, selvaggio, ambivalente».
Non so se quelli della Rùfina condividano le parole della rivista del Masna, e il suo titolo, «Rufina: il Chianti non Chianti» - dal quale, è evidente, ho costruito anche il mio, di titolo -, però a me han fatto venire voglia di provarli, quei vini. Il caso poi ha voluto che m’arrivasse, attraverso Lucia Boarini, l’invito a un fine settimana in zona e che invece un’infausta combinazione d’eventi m’impedisse d’andare, accrescendo così la curiosità. E allora la curiosità, almeno nel bicchiere, me l’ha voluta soddisfare il Consorzio di tutela, dandomi una nuova occasione «decentrata» di tastare le bottiglie.
Ordunque, dopo aver provato tre diecine di Chianti Rùfina, che idea mi son fatto? Che ha ragione Enogea, e che vale la pena approfondire davvero la conoscenza con quell’area e quella denominazione. Che lì c’è molta gente che seguita a far vino rosso secondo uno stile che vorrei dire territoriale. Ch’esiste uno specifico terroir, o meglio, più d’uno. E che quest’appartenenza salta fuori anche nelle bottiglie di quelli che più strizzano l’occhio alle mode internazionali della corposità e della morbidezza: evidentemente quella è terra che non vuol farsi domare, e alla fine prevale. Che presenta a tratti una rusticità di rosso montagnaro (ed è la zona incastonata fra gli Appennini) più che una morbidezza da stereotipo chiantigiano. Che il sangiovese mi sembra qui a tratti davvero vitigno indomito. Ed è una soddisfazione. Anche se – temo – non sarà sempre facilissimo per i produttori piazzare quei loro vini così personali in un mercato che tuttora privilegia altri stili più omologati. Un motivo in più perché chi si trovasse nella zona in questi mesi estivi, faccia una deviazione in zona, e beva. Ovvio, se ha chi guida al posto suo, o se ha prenotato stanza nel luogo.
Adesso, recensirli tutti, i vini tastati, è problematico. E dunque devo farne una selezione. Dicendo però che altri «esclusi» meriterebbero citazione, e invitando dunque chi passasse di là a fare altre scoperte. M’accontento di segnalarne quindici, mettendo al solito il mio giudizio in faccini, il mio punteggio centesimale e anche la valutazione, pur’essa in centesimi, della decina d’amici che hanno bevuto con me quelle stesse bottiglie.
L’ordine della top è questo: prima i faccini (che non sono una valutazione assoluta, ma indicano piacevolezza correlata alla tipologia), a parità di faccini (antidemocraticamente, ammetto) i miei centesimi, a parità di miei centesimi, il voto medio della mia masnada d’assaggiatori.
Si vedrà che i faccini non sempre corrispondono al voto centesimale. Si noterà poi che il voto medio a volte si discosta anche molto sensibilmente dal mio, ed è giusto che così sia: mica ho la verità rivelata, io. Chi andrà a rivedersi il pezzo di Enogea, constaterà magari poi che mi scosto talvolta dai giudizi di Falcone, e anche questo è il bello dell’essere persone che pensano ciascuno a modo suo.
Dico infine di fare attenzione, ché nella top 15 ci sono ben tre Chianti Rùfina «base», in mezzo a una sfilza di Riserve, ed è pure un bel segnale: si può bere bene anche spendendo poco, da quelle parti del Chianti.

Rùfina top 15

Chianti Rufina Riserva 2004 Fattoria I Veroni
Il colore non è densissimo, evviva! Il naso ha fruttino macerato, frutta in composta, vene balsamiche, foglie essiccate. In bocca torna il frutto e il sentore officinale e il mallo di noce. Ha nota acidula, che rende piacevole la beva, e succosa. Ha il chinotto. E il rabarbaro. Ha complessità considerevole. E lunghezza. Mi piace.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
90/100 – media 85,286
Chianti Rufina Riserva 2004 Le Coste
Quasi l’opposto del preceente. Senza il quasi. Colore rubino brillante. E sfumature porporine. Naso con frutto quasi macerato e pepe e terra nera bagnata. Bocca fresca, acidula, con toni terrosi piuttosto espressi, quasi torbati, e vene di tabacco, di sigaro. Tannino rusticheggiante e acidità in rilievo. Montanaro, quasi. Ha carattere e corpo e potenza, eppure anche slancio vitale, freschezza. Un vinone che sembra promettere un'evoluzione di tutto rispetto. Complesso e possente e fresco insieme. Ha gran corpo, ma non lo fa pesare.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
90/100 – media 85,000
Chianti Rufina Riserva Poggio Gualtieri 2000 Fattoria di Grignano
Fruttone al naso, macerato. E fiore appassito. In bocca ha polpa, potenza, concentrazione. E frutto stramaturo ancora. Epperò anche intrigante vena agrumata, da arancia rossa di Sicilia, maturissima, dolce e acidula assieme. Ed è vino possente ed elegante. Buono. Una sorta di mediazione tra i primi due in elenco.
Tre lieti faccini :-) :-) :-)
90/100 – media 81,286
Chianti Rufina Riserva 2005 Villa di Vetrice Flli Grati
Naso da gingerino, da pepe. Bocca fresca, beverina perfino, eppure ha anche parecchio tannino, ed è un bel tannino. Il frutto è acidulo, e succoso. Leggere vene di china, venature dulcamare, noce. Buona lunghezza. Ma è soprattutto la beva ad essere invitante. Vino che ha personalità rustica. Fuori standard. Spiazzante, ma anche intrigante.
Due lieti faccini e quasi tre :-) :-) :-)
88/100 - media 84,286
Chianti Rufina 2005 Il Pozzo
Al naso c'è fruttino: mora e prugna. E leggera traccia di fiore appassito. E lieve speziatura. In bocca è composto e composito assieme. La freschezza, che ha tono nervoso, trova equilibrio nel tannino. C'è velluto e carattere. Buona lunghezza. Tornano fuori la mora insieme con la violetta che sta sfiorendo, appassendo. E, sotto, una lieve pepatura. Buono. Bel vino montagnoso, rusticoso.
Due lieti faccini e quasi tre:-) :-)
85/100 – media 78,000
Chianti Rufina Riserva Nipozzano 2005 Marchesi de' Frescobaldi
Colore molto scuro. Il naso ha fruttone, e vene di chinotto e note di mallo di noce, e di nocino. E la bocca è sullo stesso piano. Concentratissima. Potente. Tannica. Epperò anche dotata di buono slancio di freschezza, che conferisce snellezza. E sul fondo, assieme, una sottile vena di vegetalità officinale e un che di iodato.
Due lieti faccini :-) :-)
89/100 – media 81,714
Chianti Rufina Riserva del Don 2003 Colognole
Al naso fruttone, spezia dolce, florealità. Bocca ampia, densa, fruttatissima. Bel tannino, elegante e ben espresso. Lunghezza, densità. Rovere leggermente in rilievo, ma è giovane. Bel vino.
Due lieti faccini :-) :-)
86/100 – media 82,857
Chianti Rufina Riserva Stellario 2005 Scopetani
Legno piuttosto in rilievo. E vene iodate. E sotto, il frutto. In bocca, ecco che riemerge immediatamente la vena salmastra. E fruttata, poi. E c'è freschezza che rende poi succoso il frutto. E il rovere è comunque un po' presente, e solo per questo mi tengo un po’ risicato nella sintesi, ché se si riassorbisse lo riberrei molto volentieri, questo vino. In ogni caso, al mio team è piaciuto parecchio, come dice il voto medio.
Due lieti faccini :-) :-)
85/100 – media 83,286
Chianti Rufina Riserva Vigneto Montesodi 2005 Marchesi de' Frescobaldi
Colore nerissimo. E al naso frutto concentratissimo e quasi in confettura. E spezia dolce. E in bocca è tannicissimo e potente e muscoloso e concentrato. E il frutto è stramaturo e dolce. Ed è vino molto giovane, che piace a chi ama la grande concentrazione.
Due lieti faccini :-) :-)
85/100 – media 82,286
Chianti Rufina Riserva 813 2005 Scopetani
Colore molto scuro. Naso da uve surmature, strafatte, quasi di là del limite. Pepe. E la bocca è poi densissima, quasi da masticare, Epperò c'è anche freschezza nervosa. Tannicissimo. E c'è l'alcol che riscalda. E comunque sul fondo c'è una sottile vena iodata, e poi anche un po' mentolata. Muscolo.
Due lieti faccini :-) :-)
85/100 – media 82,143
Chianti Rufina Riserva Vigna Macereto Villa Masseto 2005 Scopetani
Naso dal frutto un po' compresso, e vene di terra. E la bocca è in continuità, con una terrosità netta, personalissima. E sotto c'è il frutto che si fa avanti. Mora soprattutto. E poi il fiore macerato. E c'è freschezza acida che dà slancio alla beva. E c'è lunghezza, che evolve ancora sulla terrosità nera, quasi torbata. E affiora appena un cenno di mallo di noce. E c'è, sul fondo, un ricordo appena appena di toscano. E di china, e di zenzero. Gioca più sul muscolo, comunque, che sulla finezza.
Due lieti faccini :-) :-)
85/100 – media 82,000
Chianti Rufina Riserva 2004 Fattoria di Grignano
Il naso esprime frutto, parecchio, e surmaturo. E la bocca è piena, densa. E c'è vena alcolica, parecchia. Gioca le sue carte soprattutto sul muscolo, sulla potenza. E comunque ha lunghezza considerevole.
Due lieti faccini :-) :-)
85/100 – media 81,143
Chianti Rufina Riserva Cedro 2004 Lavacchio
Naso tra il frutto surmaturo e le vene terziarie animalesche. In bocca c'è freschezza e slancio, e anche tannino, parecchio. E ci trovo comunque buon equilibrio. E il frutto è macerato e ci sono vene di china e note appena appena mentolate. Manca un po’ nella finezza, magari, ma quanto a personalità...
Due lieti faccini :-) :-)
85/100 – media 79,571
Chianti Rufina 2005 Fattoria di Basciano
Colore molto più scuro degli altri Rùfina basic. Mora. Spezia pepata. In bocca c'è bella struttura e tannino ben modulato e morbidezza. Vino che ha carattere, che nutre ambizione. Magari il finale è leggermente amaro, ma trovarne di vini base di questo genere, e il voto medio dei miei soci di bevuta lo dice chiaramente…
Due lieti faccini :-) :-)
84/100 – media 81,714
Chianti Rufina 2004 Colognole
Naso tra il terroso e lo speziato. In bocca c'è bel tannino e freschezza ben modulata e mora e un po' di prugna. Vena sottilmente vegetale, rinfrescante. Buona lunghezza, sulla corda di una vaga vinosità.
Due lieti faccini :-) :-)
84/100 – media 77,429

Il parere contenuto in questa segnalazione è rapportato alla tipologia di vino e poggia in primis sulla piacevolezza che la bottiglia ha saputo trasmettere.
Il giudizio è dato in faccini stile sms.
- un faccino è per un vino di corretta e comunque piacevole beva
- due faccini per un vino di bel piacere
- tre faccini per i vini appaganti, le punte massime delle rispettive tipologie.

Alice Relais nelle Vigne - Vittorio Veneto

Angelo Peretti
Un posto da coccole. Per dormirci, per rilassarsi. Per immergersi poi nelle vigne del Prosecco.
Alice Relais nelle Vigne è un bed & breakfast di quelli che quando ci hai dormito una notte vorresti tornarci. E quando la mattina ci hai fatto colazione con tutte quelle marmellatine, quei dolcetti fatti in casa, quei pani fragranti, a dire il vero ti viene più voglia di metterti seduto a leggere un buon libro che non partire per la visita della terra prosecchista. Epperò per questa visita è il punto d’appoggio ideale, nel territorio di Vittorio Veneto, nella frazione di Carpesica. Con le vigne fuor dalla finestra, tutt’intorno.
Stanze spaziose, ben arredate, linde. Unico inconveniente – ma per me che ci sono abituato non lo è stato – è che il prete della vicina cappellina ha l’abitudine di far suonare le campane di buonora e a lungo. Ma quest’è vita di paese: è peggio in città lo sferragliare dei tram o il vibrare della metro che passa sotto l’hotel.
In tutto, una diecina di stanze. Materiali naturali, arredi etnici. In bagno, il set da doccia Musk di Etro. Nel giardino, la vasca idromassaggio.
Alice Relais nelle Vigne – Via Gaetano Giardino, 94 – Loc. Carpesica – Vittorio veneto (Treviso) – tel. 0438 561173

1 giugno 2008

Sono un bevitore A-B-C

Angelo Peretti
Ho scoperto di essere un bevitore A-B-C. L’iluminazione m’è venuta leggendo il numero di maggio di Wine Spectator, la più diffusa fra le riviste enoiche al mondo. La copertina è dedicata allo Chardonnay. E nell’editoriale si legge che in giro c’è uno slogan ipersintetico che recita così: «A-B-C». L’acronimo sta per «Anything But Chardonnay», ossia, traducendo un po’ liberamente, «Datemi da bere quel che volete purché non sia Chardonnay». Ecco, mi ci riconosco: in generale, lo Chardonnay non mi piace. Non lo sopporto, con quel suo odore, come dire... da Chardonnay. Inconfondibile.
Oh, vabbé, lo ammetto: ci sono grandi Chardonnay. Penso alla Borgogna, ovviamente. Agli elegantissimi bianchi delle vigne di Montrachet. O ai grassi Corton. Agli Chablis, che si fanno burrosi col tempo. Vini cui certamente riconosco personalità, eleganza, perfezione stilistica, classe. Ho in mente un Corton-Charlemagne bevuto quest’inverno: un esempio di opulenza e insieme di snellezza, una sorta di quadratura del cerchio. Tutto vero. E dunque se debbo giudicare il vino nelle sue componenti, non c’è che dire: grandi bottiglie. Purché via piaccia lo Chardonnay. E a me lo Chardonnay con quel suo odorino, come dire... da Chardonnay, proprio non lo sopporto.
Chissà per quale strano meccanismo rifiuto un vino bianco che abbia nella sua linea aromatica traccia della presenza dello chardonnay (scrivo in minuscolo: intendo il vitigno). Vallo a sapere: credo che potrei essere un caso di studio. Ma non c’è dubbio: sappiate che se per caso fossimo insieme a cena e volete farmi bere un bicchiere di vino, la (mia) regola è A-B-C, Anything But Chardonnay, fatemi bere un po’ quel che volete voi, purché non sia Chardonnay.
Che poi non è verissimo. Un vino a base di chardonnay lo bevo anch’io. Ma ha le bollicine. E si chiama Champagne. Che è blanc de blanc quand’è fatto di chardonnay, appunto. E ce n’è di elegantissimi, floreali, suadenti. Epperò, ecco che se mi proponete di optare fra un blanc de blanc e un blanc de noir, fatto con le uve di pinot (nero o meunier), figuratevi dove vado a parare: sul blanc de noir, ovvio. E non è un caso che se mi si mette nel bicchiere una serie di cuvée, la scelta, generalmente, va a finire sulle bolle che pinoteggiano di più (e chardonneggiano di meno, ovvio).
Che volete farci: ognuno ha le sue idiosincrasie. Io ci ho quella per lo Chardonnay: A-B-C.
A dire il vero ce n’ho un altro di rifiuti idiosincratici (si scrive così? se è giusto bene, sennò pazienza): quello per i Sauvignon italiani. Non mi piacciono, con quelle presenze costanti – chi più, chi meno – di erbe verdi e di pipì del micio. E sì che invece tracanno con piacere i Sauvignon blanc che vengono dalla Loira o dalla Nuova Zelanda. Ma A-B-S, Anything But Sauvignon, suona male, e poi non è del tutto vero, come ho detto: non mi piacciono i Sauvignon italiaci, e non ne ricordo uno che m’abbia fatto venire un brividido. Tutto qui.
Ripeto: difficile sapere da dove nascano questi rifiuti. Chissà in quale recondito cassetto della mia psiche si cela l’arcano. Ma a dire il vero: chi se ne frega? Ce n’è così tanta di roba buona da bere al mondo, che mica per forza occorre stappare Chardonnay o Sauvignon tricolori.
Ma torno a Wine Spectator, e al servizione portante del numero di maggio, dedicato allo Chardonnay. Il magazine americano lo Chardonnay lo difende. In maniera convinta e convincente, pure. E che cosa dovrebbe dire, dopo aver aperto l’editoriale scrivendo che lo Chardonnay è il vino preferito d’America, e che gli americani ne bevono ogni anno più di 700 milioni di bottiglie (alla faccia!). Con consumi in crescita, per di più. E potrebbero forse dire lorsignori che son contro lo chardonnay, avendo constatato che è la varietà dominante nei vigneti della California?
Unicuique suum, a ciascuno il suo. A loro lo Chardonnay. A me altri bianchi. E pace.