25 marzo 2006

Vassilis Tsabropoulos - Akroasis

Angelo Peretti
Per quarant’anni ho creduto che la vita potesse avere un lieto fine di là dalla vita. Poi ho visto morire mio padre e i dubbi si sono sovrapposti ai dubbi. Continuo però a pensare che dentro di noi si muova – e ci distingua – qualche cosa che chiamare anima è un po’ presuntuoso, ma che insomma esista, insieme al lato materiale della nostra esistenza, un che di spirituale. E di questo lato seguito ad avere rispetto, e rispetto ho verso coloro che vi credono di là di ogni ragione.
Che c’entra questo con la musica? Potrebbe entrarci perché s’usa dire che la musica è espressione, insieme, della mente e dello spirito. Ma ancora di più ti fanno riflettere e ti mettono in crisi e ti struggono lavori come il primo album solo – e ormai ha quattro anni sulle spalle – del pianista greco Vassilis Tsabropoulos. S’intitola «Akroasis». Rivisita in forma lenta e pigramente solenne e sussurrata, com’è tipico delle incisioni Ecm, arcaici inni sacri bizantini, su cui s’innestano moderne, placide improvvisazioni.
Musiche per il tempo di Pasqua. Meglio: musiche ispirate al tempo di Pasqua. Inni malinconici e solitari, come lo sono i giorni della sofferenza, quelli che viviamo, forzatamente, in solitaria melanconia, ché non c’è uomo o donna che possa condividere fino in fondo il nostro intimo patire. E se Pasqua terrena esiste – l’ultraterrena non so, mi confonde - e possiamo sperare di risorgere almeno un attimo dal nostro tribolare, ha prima lunga l’agonia della Quaresima, che è certa e umana e ci accomuna tutti. Ché due cose sole abbiamo sicure del nostro tempo: il nascere e il morire.
Serenamente, però, melanconici, risuonano questi canti del pianoforte. Forse a ribadire, sommessamente, che non siamo - solo – bestie, e che un momento di resurrezione lo possiamo davvero trovare anche nelle piccole cose, nei gesti donati, negli affetti che abbiamo saputo - voluto - regalare. E in fondo questo è tutto quel che abbiamo. Il tesoro dei nostri giorni di pellegrini della vita.
Aggiungo solo: per me, un capolavoro questo «Akroasis».
Akroasis – Vassilis Tsabropoulos - 2002

11 marzo 2006

Enrico Terragnoli Orchestra Vertical - L’anniversaire

Angelo Peretti
Vi piace il mambo? Mica quello da balera, da disfida danzante televisiva. Intendo invece
la versione elettrica, scarnificata, essenziale. Per capirci, quella di «Mambo sinuendo», l’intrigante, splendido lavoro sfornato da Ry Cooder e Manuel Galban nel 2002. Musica che cresce e t’ammalia alla distanza, come un bicchiere di vino a lungo affinato, che pretende e merita attenta, posata, pacata degustazione.
Ebbene: se questo è il mambo che vi piace, allora non perdetevi «L’anniversaire», il cd inciso da una band messa insieme da un musicista veronese di valore ben superiore alla fama. Lui si chiama Enrico Terragnoli, il suo gruppo è l’Orchestra Vertical. L’etichetta è quella d’un collettivo di musicisti jazz, El Gallo Rojo: farete probabilmente fatica a trovarla distribuita nei negozi di dischi, ma cercate, chiedete, esortate.
Il debito è riconosciuto, palesato: c’è il ringraziamento, nelle note di copertina, proprio a Ry Cooder. Il suono va via che è un piacere, lento ma inesorabile, vorticosamente pigro, indolente, sensuale perfino. Splende sugli strumenti la voce di Claudia Bidoli, una delle più belle del panorama femminile italiano, eppure nota a pochi, troppo pochi. Sue anche le liriche, tutte composte in francese, a rendere ancora più arcano il fascino dell’opera.
Musica calda, eppure anche tagliente. Che t’entra nelle vene. Come un sorso di rhum bevuto nella nebbia padana. Come un rimpianto che ti buca lo stomaco.
L’anniversaire – Enrico Terragnoli Orchestra Vertical - 2005